Cosa sappiamo della nuova linea ferroviaria che unirà Bologna a Castel Bolognese

Della nuova tratta ferroviaria tra Bologna e Castel Bolognese sappiamo innanzitutto che l’iter se non è proprio all’inizio poco ci manca.

Nel 2023 è stato redatto il documento di fattibilità delle alternative progettuali (DocFap) che, appunto, individua e e analizza le possibili soluzioni progettuali. Lo scopo è, deciso che sarà necessario realizzare l’opera, confrontare le alternative possibili e trovare la soluzione migliore nel rapporto tra costi e benefici: impatto economico e sul contesto territoriale, ambientale, paesaggistico, culturale e archeologico, nonché in riferimento agli interventi sulle opere esistenti.

Il 2024 è l’anno dedicato al dibattito pubblico. Sono infatti programmati degli incontri con i cittadini e con le istituzioni interessate al passaggio della ferrovia e la possibilità di presentare osservazioni. Dopo un primo incontro online, un secondo è previsto mercoledì 22 maggio dedicato in particolare alle differenti ipotesi di tracciato (qui il link per iscriversi e partecipare via Zoom, oltre che per recuperare la documentazione del progetto).

E sempre quest’anno è prevista la preparazione da parte di Italfer del progetto di fattibilità tecnico-finanziaria (Pfte). A seguire dovrà essere coinvolto il Consiglio superiore dei lavori pubblici, validato il Pfte poi, tra 2025 e 2026, potrà partire l’attività negoziale. L’inizio dei lavori è previsto nel 2026, e almeno altri cinque anni serviranno per portarli a termine.

Peraltro è chiaro che un intervento di tale portata, per cui si stima una spesa di oltre 3 miliardi di euro, non può che avere un orizzonte di lungo periodo.

Ma dell’impatto sul territorio si deciderà presto, per cui meglio informarsi per tempo.

Perché una nuova linea

Il progetto prevede la separazione tra l’alta velocità e il traffico che continuerà sulla linea storica. Sulla nuova linea viaggerebbero i treni passeggeri ad alta velocità e i treni merci, mentre la linea esistente verrebbe riservata a servizi regionali, intercity e ai treni merci che si spostano nelle tratte interne.

L’obiettivo della nuova linea è chiaro: aumentare il traffico ferroviario su snodi che sono centrali per il transito tra nord e sud del Paese, lungo la direttrice adriatica, da Bologna al porto di Ravenna, dal nord Europa al Mediterraneo.

Per le merci l’aumento è stimato fino ad un massimo di 6 treni/ora, con in aggiunta l’adattamento agli standard dell’alta capacità così da poter far transitare treni più lunghi e con maggiore portata.

Per il trasporto locale il raddoppio dei binari consentirebbe di aumentare il servizio ferroviario metropolitano tra Imola e Bologna da 36 a 70 treni/giorno,  e i regionali veloci tra Ravenna e Bologna da 40 a 68 treni/giorno, con una tangibile riduzione dei tempi d’attesa.

Lo scenario disegnato dalla relazione che accompagna il documento di fattibilità di Rfi (Rete ferroviaria italiana) fin qui è difficile da contestare. Dal potenziamento della linea si attendono infatti un miglioramento dei collegamenti, sviluppo economico e una riduzione dell’impatto ambientale, col passaggio del trasporto di merci e di persone dalla gomma alla rotaia.

Le difficoltà con cui il progetto della nuova linea Bologna-Castel Bolognese dovrà probabilmente confrontarsi aspramente subentrano però nel momento in cui si dovrà andare a definire dove far passare la nuova linea.

Scartata l’ipotesi di affiancare la linea esistente

La linea ferroviaria esistente è stata inaugurata nel 1861 e raddoppiata agli inizi del Novecento. La velocità massima è di 125 km/h per i treni passeggeri a lunga percorrenza nel primo tratto fino all’uscita da Bologna, passa a 150 km/h fino a Mirandola e prosegue poi a 180 km/h per tutto il tratto che giunge a Castel Bolognese. Pensare di affiancare una nuova linea con caratteristiche di portata e velocità diverse obbligherebbe a intersezioni e sovrapposizioni con una notevole complessità di gestione del traffico, in particolare proprio nel nodo nevralgico di Castel Bolognese.

Oltre ai limiti tecnici, spiega ancora lo studio di Rfi, contro l’ipotesi di sfruttare il corridoio della linea attuale ci sarebbero motivazioni di altra natura, come la quantità di espropri e demolizioni necessari ad allargare il passaggio all’interno dei centri urbani, il costo e i disagi per intervenire su ponti e svincoli esistenti, i cantieri che per anni occuperebbero le città, e anche i maggiori rischi in caso di emergenza. Insomma, a quel punto il gioco non varrebbe la candela.

I possibili tracciati: due a sud e uno a nord dell’autostrada

Scartata l’ipotesi di far viaggiare i nuovi binari accanto ai vecchi, la presenza della zona industriale di Imola ha portato a individuare due possibili corridoi: uno parallelo all’autostrada A14, lungo 57 km, e l’altro che dal comune di Imola in poi si sviluppa a nord dell’autostrada, di 62 km.

Però sul tavolo le “alternative progettuali” (ricordate DocFap: documento di fattibilità delle alternative progettuali) sono tre, due delle quali si mantengono nel corridoio parallelo
all’A14, differenziandosi per la posizione più o meno ravvicinata all’autostrada, mentre la terza alternativa, dopo un lungo tratto in comune con le altre, una volta superato il confine con il comune di Imola scavalca l’autostrada e si riallaccia alla linea Castel Bolognese-Ravenna, in corrispondenza del confine tra Solarolo e Cotignola.

Ciascuna delle tre ipotesi ha, come prevedibile, dei vantaggi e delle criticità:

  • La prima, affiancata alla A14, prevede viadotti alti fino a 18 metri per bypassare i cavalcavia dell’autostrada e gli incroci con le innumerevoli strade locali, o in alternativa il rifacimento di cavalcavia e rampe autostradali. In ogni caso ci sarebbe un forte aumento dei costi. L’affiancamento all’autostrada ridurrebbe però l’impatto sul territorio.
  • L’alternativa 2, a sud dell’autostrada, prevede invece dei viadotti ad altezza più bassa (10-11 metri dal piano campagna) e quindi con un minore impatto visivo e minori costi, ma comunque andrebbe ad incrociare la zona industriale di Imola e altri agglomerati.
  • La terza ipotesi, a nord dell’autostrada, richiederebbe un minore ricorso a viadotti sopraelevati, minore criticità per gli espropri dato che passerebbe per buona parte in campagna, ma un maggiore impatto ambientale e un maggiore consumo di suolo.

Nel documento di fattibilità si precisa poi che «i tre corridoi devono intendersi come “scenari limite”, rappresentanti di possibili alternative tra loro funzionalmente equivalenti, ottimizzabili, anche in modo significativo, dal confronto con gli stakeholder». E anche a questo dovranno servire gli incontri pubblici e i passaggi successivi, al confronto con chi sarà interessato dai diversi scenari. Ma ad oggi le ipotesi sono queste tre, per cui vediamole nel dettaglio dei territori. Leggiamo direttamente dallo studio di Rfi (pagine 36-40):

 

 

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