Chi aveva temuto di vedersi privato della casa, del capannone o del terreno forse può tirare un sospiro di sollievo. A doversi preoccupare però ora sono altri cittadini, quelli sulla cui casa, sul capannone di proprietà o sul cui terreno passano i nuovi tracciati portati nella sala del consiglio comunale di Imola dalle due società di Ferrovie dello Stato.
Dopo l’incontro molto partecipato con i responsabili di Rfi e Italferr bisogna resettare tutto.
Le ipotesi di corridoio su cui far passare la nuova linea ferrovia sono infatti diversi da quelli inseriti nella relazione del progetto (li trovi qui). Sono sempre tre, ma è stata è stata inserita l’opzione di affiancamento ai binari esistenti, che non c’era, mentre sono spariti il taglio della zona industriale imolese a sud dell’autostrada e il passaggio dentro San Prospero, ipotesi che avevano creato tanta contrarietà.
In municipio a seguire l’incontro in presenza c’era un centinaio di persone, mentre quasi 1.300 erano collegati da remoto. Segno che il tema è molto sentito e preoccupa. (se vuoi rivedere l’incontro lo trovi qui)
Chi si era preparato per contestare però è rimasto completamente spiazzato. A partire dal rappresentante dei cittadini delle frazioni di Ortodonico, Casola Canina, Chiusura e soprattutto di San Prospero, Armando Martignani, che parlando a nome di tutti ha riferito come la protesta contro il progetto abbia superato le 2mila firme come e ci sia l’intenzione di far nascere un comitato, idea che a questo punto forse tramonterà.
Ma cosa cambia coi nuovi tracciati?
La linea gialla più in basso è la via Emilia, quella sopra è l’autostrada con la diramazione per Ravenna.
La linea azzurra
Partiamo dall’ipotesi progettuale che prima era stata esclusa dal piano da 3,6 miliardi finanziato alle Ferrovie e che ora invece parrebbe la più probabile.
Come da richiesta dell’amministrazione comunale di Imola, i nuovi binari destinati ai treni ad alta velocità e al traffico delle merci sfrutterebbero il corridoio della linea ferroviaria esistente, correndo in affiancamento a una distanza di 15-20 metri da quella.
A partire dal torrente Idice tutta la nuova linea sarebbe realizzata su un viadotto alto 7-8 metri sul piano di campagna sostenuto da poderosi piloni.
In questo modo verrebbero preservate le fermate di Mirandola, Ozzano, e Varignana e la stazione di Castel San Pietro. Il posto di movimento per consentire il sorpasso dei treni veloci sarebbe realizzato dopo l’uscita da Castel San Pietro. Superata Toscanella, dove è prevista anche la costruzione della nuova stazione per il trasporto locale, entrerebbe nell’abitato di Imola all’altezza di Pontesanto, dove dal viadotto si alzerebbero di altri 4-5 metri le barriere acustiche poste per ridurre l’impatto dei rumori.
E sempre a Pontesanto inizierebbero gli espropri più significativi, dato che nei tre chilometri di attraversamento della città a filo della ferrovia ci sono abitazioni e aziende.
Dalla zona Ortignola il viadotto passerebbe al quartiere Marconi, superando il fiume Santerno a fianco del depuratore di via Lughese, per poi staccarsi verso nord circa all’altezza di Zello.
La altre due soluzioni
Le altre due soluzioni progettuali sono invece delle “ottimizzazioni” dei due corridoi che in precedenza erano stati disegnati a nord e a sud dell’autostrada. Ora corrono entrambi a nord della A14, ma una si stacca dal tracciato della linea esistente all’altezza di Castel San Pietro e vira più a nord per evitare l’abitato di San Prospero (LINEA ROSSA), mentre l’altra corre ancora più a nord staccandosi dall’autostrada una volta uscita da Toscanella (LINEA MAGENTA).
Sono queste le ipotesi su cui si troveranno a battagliare i cittadini che rischiano di essere espropriati? Forse, non si sa. Di certo c’è che alcune soluzioni alternative non sono praticabili.
Cosa proprio non si può fare
Contrariamente a quanto fatto alla stazione di Bologna, la nuova linea ferroviaria non si può interrare. E questo perché c’è un rischio idraulico che a est di Bologna interessa tutta l’area a nord della via Emilia: se costruisci devi stare sopraelevato altrimenti rischi di andare sott’acqua.
È impensabile anche costruirla a sud degli attuali binari. Le pendenze, che è stato spiegato non possono superare l’1,2-1,5% per garantire l’aderenza ruota-rotaia, non consentono di spostarsi verso la collina. Mentre a ridosso dei binari sul lato sud ci sono le case di migliaia di persone che vivono nei quartieri Zolino e Marconi.
Fissati questi paletti, i responsabili di Rfi sono stati chiari: noi non abbiamo alcuna pregiudiziale, un tracciato vale l’altro ma l’opera si deve fare perché questo è il mandato che ci ha dato il Governo, quello attuale confermando quelli precedenti. Saranno i territori e quindi le amministrazioni a dover sceglier e a maneggiare la patata bollente del rapporto coi cittadini arrabbiati.
«Siamo in una fase embrionale», ha detto il sindaco.
All’incontro tecnico, che si è scelto di svolgere a Imola e di aprire al pubblico per chiudere una falla nella comunicazione con le amministrazioni comunali, erano presenti oltre al sidnaco di Imola Marco Panieri che ha condotto i lavori, anche i sindaci di Castel San Pietro Francesca Marchetti e di Dozza Luca Albertazzi.
La richiesta di tutti è stata di rallentare il percorso del progetto. E di «avviare un tavolo istituzionale che ancora non c’è stato».
Innanzitutto è stato spostato il termine per la presentazione delle osservazioni dal 7 luglio al 9 agosto. Poi sono stati annunciati altri incontri con istituzioni, stakeholder, cittadini.
A settembre il responsabile del dibattito pubblico presenterà la sua relazione e tra ottobre e novembre Rfi sceglierà il corridoio in cui far transitare la nuova linea. Il corridoio deve trasformarsi in tracciato calato su mappe e proprietà, ci vuole la valutazione di impatto ambientale, Italfer dovrà preparare il Progetto di fattibilità tecnico-finanziaria (Pfte). A seguire verrà coinvolto il Consiglio superiore dei lavori pubblici, validato il Pfte poi, tra 2025 e 2026 potrà partire l’attività negoziale. L’inizio dei lavori resta però fissato al 2026. Per portare a termine l’opera serviranno almeno altri cinque anni.
«Qualcosa non ha funzionato». E continua a non funzionare
Il sindaco Panieri ha ribadito di essere venuto a conoscenza del progetto di potenziamento della linea ferroviaria il 15 marzo dalla stampa locale e di avere ricevuto solo a inizio maggio con posta certificata l’invito a partecipare al dibattito pubblico.
«Se siamo arrivati a questo punto è perché qualcosa non ha funzionato», ha detto. E se un progetto dal tale impatto, una bomba sociale, è arrivata quando mancava un mese alla chiusura delle osservazioni e con linee tracciate senza consultare i Comuni che ne saranno attraversati, che qualcosa non abbia funzionato è fuori dubbio.
I cittadini hanno scoperto «grazie al tamtam», come è stato detto in aula, che c’è un progetto che prevede la demolizione delle loro case o qualcosa del genere. I cittadini (e i primi cittadini) hanno protestano e hanno chiesto il cambio dei tracciati/corridoi. Rfi si è presentata in consiglio comunale davanti ai cittadini (e ai primi cittadini) portando a sorpresa nuovi tracciati e illustrando le modifiche fatte in modo da evitare le demolizioni laddove i cittadini si sono lamentati. La sensazione che è stata percepita è che le linee colorate si possano spostare con estrema facilità. Ma quelle linee sono molto concrete e corrispondono a case che stanno su e ad altre che andranno giù e quindi hanno un impatto notevole sulla vita delle persone.
Sì, evidentemente qualcosa non ha funzionato. E la sensazione è che stia continuando a non funzionare.
Quello che non è chiaro è: a cosa servirà quadruplicare la linea ferroviaria? A cosa è dovuto un’aumento sproporzionato di traffico ferroviario? Ad oggi non è dato sapere
Salve Mauro, qui trova alcune motivazioni inserite nel progetto. Senza per questo voler sostenere l’utilità dell’opera, in sintesi le ragioni che vengono portate parlano di una rete già satura e inadatta a sopportare i treni ad alta velocità e ad alta capacità, della possibilità di spostare il traffico commerciale da gomma a rotaia, quindi un minore inquinamento, di un miglioramento del trasporto lungo la dorsale adriatica, tra Mediterraneo (i porti) e nord Europa, del miglioramento della mobilità ferroviaria locale come effetto della minore commistione tra merci, persone, brevi e lunghe percorrenze. Questo inevitabilmente ha degli impatti anche negativi sulla situazione esistente, per cui servono soluzioni che minimizzino questi impatti. Quel che è certo è che il tema è molto delicato e va maneggiato con molta cura. In ballo ci sono la casa, i beni, la tranquillità e le scelte di molti cittadini.
Quello che non capisco è che si parla di quadruplicamento, e non di raddoppio, della tratta, che, attualmente è a 2 binari:
Quadruplicamento dovrebbe significare che alla fine avremmo 8 binari!
Dove sta l’inghippo?
Salve Bruno, finalmente siamo riusciti ad avere una risposta “ufficiale” alla sua legittima e condivisibile perplessità sull’utilizzo del termine “quadruplicamento”. Non è stato semplice. La giro a lei così come l’abbiamo ricevuta: ci sono linee a binario unico e linee a doppio binario. Attualmente la Bologna Castel Bolognese è a doppio binario. Quando una linea passa da uno a due binari di parla di raddoppio. Quando passa da 2 a 4 si parla di quadruplicamento.
Quindi (e torno ad essere io a risponderle, non Rfi) “quadruplicamento” si deve intendere rispetto alla linea a binario unico, non rispetto alla situazione attuale della linea a due binari. In sostanza: quattro binari.