Alla lunga lista dei suicidi all’interno delle carceri italiane si aggiunge il nome di Lul Zim Musta, il 48enne di origini albanesi che era stato arrestato il 27 maggio scorso dopo avere aggredito con un coltello la titolare dell’Hotel Il Gallo di Castel San Pietro.
Lul, che nell’albergo aveva lavorato per circa un anno, la aveva colpita con otto coltellate all’addome, apparentemente senza alcun motivo. I carabinieri lo hanno trovato ed ammanettato sul luogo del tentato omicidio, portandolo poi al carcere bolognese della Dozza, dove era in attesa di giudizio. E dove invece ha trovato la morte, impiccato in cella.
Al di là delle motivazioni sempre insondabili che conducono al gesto estremo, e per la quali occorre solo silenzio e rispetto, le condizioni dei penitenziari italiani è uno dei temi che con maggiore urgenza dovrebbe occupare l’agenda della politica. A partire dal sovraffollamento e dalle condizioni di vita disumane a cui i detenuti spesso sono sottoposti.
In Italia i maggiorenni reclusi sono 61 mila, ma che in base alla capienza ufficiale dovrebbero essere 10 mila di meno. Il tema del sovraffollamento è significativo anche in Emilia-Romagna, dove siamo arrivati ad avere 3.725 persone recluse contro i 2.979 posti regolamentari.
Dall’inizio dell’anno in Italia i suicidi sono stati 57, 58 con la morte di Lul Zim Musta. Solo nel mese di giugno 12 detenuti si sono tolti la vita. Una tragedia che continuiamo a non voler guardare e che meriterebbe una soluzione alternativa alla detenzione in luoghi infernali come sono le carceri nel nostro Paese.