La Cgil denuncia come nei cantieri si lavori nonostante l’ordinanza regionale anti-caldo. E fa i nomi

Dal 29 luglio è in vigore l’ordinanza della Regione che vieta ai lavoratori dei settori agricolo e florovivaistico e impegnati nei cantieri di lavorare dalle 12.30 alle 16. Il provvedimento scatta quando si è in presenza di un “rischio alto” ed è stato emanato per salvaguardare i lavoratori più esposti al sole e che svolgono attività fisica intensa (ne avevamo parlato QUI).

A fare da riferimento per il rischio e quindi a definire lo stop al lavoro nelle ore più calde della giornata è quanto riportato la mappa del rischio pubblicata sul sito internet www.worklimate.it

«Visti i continui fatti di cronaca che riportano situazioni i cui esiti sono gravi o gravissimi per lavoratori e lavoratrici» legati alle alte temperature di queste settimane, la Fillea Cgil Imola (la categoria della Cgil che segue lavoratrici e lavoratori impegnati nei cantieri edili) ha vigilato sulla corretta applicazione da parte delle imprese di questa ordinanza. E i risultati non sono affatto  incoraggianti.

Come riferisce il segretario della Fillea Cgil di Imola, Andrea Berti, «purtroppo dobbiamo segnalare che i casi in cui l’ordinanza è stata disattesa sono stati frequenti, nonostante le imprese che operano nell’ambito di cantieri edili o stradali di questo territorio fossero state formalmente informate con mail e posta elettronica certificata dell’ordinanza adottata dalla Regione Emilia Romagna. Facendo verifiche negli orari in cui l’ordinanza vieta il lavoro erano operativi a Imola cantieri in via Selice, in via Bicocca e in via Colombarotto; a Castel San Pietro Terme in via San Biagio e sulla S.P. 19 “San Carlo”; a Castel Guelfo in via Fornace e in località Belpiano a Fontanelice».

«Vogliamo che anche questo territorio contribuisca ad aumentare l’elenco degli infortuni mortali per il caldo?»

La Fillea Cgil annuncia di avere fatto le segnalazioni agli organi competenti, che potranno adottare i provvedimenti del caso.
«Quello che ci interessa particolarmente – precisa Berti – è però un cambio di passo culturale, in cui il valore della vita della persona abbia un peso maggiore dei tempi di consegna di un manufatto. La salute non deve essere in alcun modo una merce di scambio.
Occorre che anche i committenti dei lavori si attivino nei controlli sulla filiera degli appalti e subappalti che vengono attivati per portare a termine un’opera. La salute è un bene troppo importante ed è oggetto anche di uno dei quattro referendum abrogativi per cui Cgil ha raccolto oltre un milione di firme. I committenti, pubblici o privati che siano, non possono e non devono disinteressarsi delle condizioni di lavoro di chi produce per loro».

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