Francesca Marchetti nel giugno scorso è diventata sindaca di Castel San Pietro Terme con quasi il 64% dei voti. In piazza XX Settembre è arrivata dopo nove anni e mezzo come consigliere regionale del Partito democratico: nel 2014 fu uno dei due candidati del Pd imolese assieme all’ex sindaco di Casalfiumanese Roberto Poli; cinque anni dopo il circondario imolese ottenne un solo candidato e confermò Francesca Marchetti. A seguito delle dimissioni di Stefano Bonaccini, il 17 e 18 novembre prossimi si terranno le elezioni regionali. Sindaca di una città che il senatore del Pd Daniele Manca ha definito «snodo fondamentale per le relazioni con la Città metropolitana e la Regione», vicepresidente del Circondario Imolese con le deleghe al welfare, alle politiche dell’istruzione e al trasporto pubblico, nel viaggio che ci condurrà al nuovo governo dell’Emilia-Romagna partiamo da lei, dalla prima cittadina di Castel San Pietro, Francesca Marchetti.
Dalla Regione cosa ha portato con sé in valigia?
Un visione più ampia delle cose. Essendo molto legata al territorio avevo una visione che nella dimensione regionale rischia di condurti a fare il sindacalista del territorio di cui sei espressione. In Regione invece ho imparato la bellezza della contaminazione, della complessità, della riflessione, a vedere come ci possono essere tante sinergie tra i diversi territori, come tante risposte che diamo, e lo dobbiamo tenere presente anche nel Circondario, possono andare bene per una realtà ma avere una sfaccettatura diversa in un’altra. Gli anni trascorsi nell’assemblea regionale mi hanno dato la possibilità di sperimentare le politiche di area vasta e mi hanno convinta che il Circondario Imolese sia una delle intuizioni più importanti della storia di questa regione. La legge regionale che lo ha definito è il riconoscimento dell’importanza che questo territorio ha dal punto di vista economico e sociale e del valore del fare insieme che si è costruito nel tempo.
E la Città metropolitana di Bologna?
La Città metropolitana credo sia il frutto di una riforma nata un po’ in salita e che vada rafforzata proprio in relazione ai territori. Io la immagino come un modo di fare politica e amministrazione che deve tenere particolarmente in considerazione i diversi territori, anche quelli più periferici.
Oggi non è così?
Il percorso non è compiuto. Non a caso si sta discutendo di un ritorno alle Province. La Città metropolitana credo sia nata senza dare forza a quel tipo di impostazione, di relazione coi territori. Oggi ci sono delle criticità, ad esempio dal punto di vista del personale impiegato. Insomma credo vada fatta una bella discussione a tutti i livelli e che non ci sia Città Metropolitana senza Circondario Imolese, e che questo vada più considerato e valorizzato.
Eppure c’è stata una fase in cui ci si è interrogati seriamente se mantenerlo in vita oppure no.
Già. Però per quello che sto registrando in questi primi mesi da sindaca credo che abbia ancora un grande valore. Il Circondario Imolese è prima di tutto un pensiero di territorio, dopodiché potremmo discutere delle declinazioni operative. Sarà utilissimo tornare a dialogare e confrontarci per avere un pensiero comune. E sarà importante sviluppare quello che fino a qualche anno fa era l’Osservatorio economico del Circondario, lo vediamo da quante aziende vedono attrattivo il nostro territorio. È la dimensione giusta per diventare un laboratorio di innovazione. Se ci domandiamo se ha ancora senso il Circondario Imolese forse dovremmo riflettere su come vuole vivere il futuro questo territorio. E lo si può fare solo confrontandosi con il mondo cooperativo, con le imprese, le associazioni di categoria, e nel dialogo con i corpi intermedi. In quel significato credo possa essere valorizzato anche il dialogo con la Città Metropolitana.
Legacoop Romagna ha proposto recentemente l’istituzione della Provincia di Romagna
In questo momento siamo nella Città Metropolitana. Occorre riflettere su quale senso potrebbe avere il Circondario Imolese in quel progetto e come ci collochiamo nel progetto della Provincia di Bologna. A quel punto perché non lanciare la proposta della Provincia di Imola, visto che siamo sempre tirati per la giacchetta?! Credo occorra prima dare un po’ di contenuto alle cose. Quella proposta nasce da una riflessione fatta col tessuto di quel territorio, un percorso importante come quello che dovremo fare noi a livello circondariale.
Negli ultimi dieci anni le aziende si sono insediate tantissimo nel territorio di Castel San Pietro e Castel Guelfo e pochissimo negli altri comuni. In quel caso il coordinamento circondariale non ha funzionato?
Dobbiamo collocare quel fenomeno nel tempo in cui è nato: in quel momento il sindaco di Castel San Pietro Fausto Tinti era in Città Metropolitana e c’era un Circondario allo sbando. Non dimentichiamoci che abbiamo avuto una fase in cui chi governava a Imola non credeva nel sistema circondariale, nel sistema di Con.Ami e nel valore aggiunto del fare insieme. Il sindaco di Imola Marco Panieri sta facendo un lavoro importante, e non a caso gli sono state assegnate quelle deleghe in Città Metropolitana (Pianificazione territoriale, Società partecipate; ndr), nel ridefinire in questa nuova fase l’attrattività e il potenziale del territorio di Imola. Sappiamo che in questa fase lo sviluppo logistico di Castel san Pietro è terminato.
Parliamo delle elezioni regionali che si terranno il 17 e 18 novembre prossimi. Il percorso per la scelta del candidato del Pd alla presidenza della Regione è stato definito ad una velocità e con una univocità che verrebbe da dire inusuali.
Il Pd è stato unito, non ci sono state fratture o fughe che potessero mettere in difficoltà l’Emilia-Romagna. Di solito si parla della mia comunità politica in termini di “guerriglia urbana” invece il partito è stato molto presente e il gruppo dirigente ha dato prova di essere in grado di assumersi le proprie responsabilità. E non dimentichiamo che tanti avrebbero potuto assumere questo ruolo, pensiamo solo ai componenti della giunta uscente.
Anche lei?
No, io no. Io la scelta l’avevo già fatta, ed è maturata prima che Bonaccini ufficializzasse la sua candidatura alle Europee.
Altrimenti…
No, no, e non avrei problemi a dirlo. Soprattutto adesso alla luce del risultato che abbiamo ottenuto nel voto a Castel San Pietro.
Meglio Vincenzo Colla o Michele de Pascale?
A Vincenzo Colla mi lega un’esperienza importante in Regione, ma anche una stima e affetto personale, lo vedo come un protagonista comunque di questa stagione di campagna elettorale.
Sono contenta che la decisione di arrivare a de Pascale sia stata unitaria, anche perché in tempi non sospetti l’ho chiamato a concludere la mia campagna elettorale in piazza. Credo sia uno dei sindaci migliori che abbiamo sul territorio regionale e una bella figura, coraggiosa, che nel dialogo col governo attuale sui temi dell’alluvione ha mostrato come ci sia bisogno di una Regione Emilia-Romagna guidata del centrosinistra. Lui questo dialogo lo sa interpretare in modo fermo ma costruttivo.
In ogni caso credo che il partito stia dando dimostrazione di come in corso ci sia un percorso di crescita che viene dai territori. Per me il territorio rimane la vera “corrente” che voglio continuare a sposare.
Conosce bene anche Elena Ugolini, la candidata civica sostenuta dai partiti di centrodestra, che è la rettrice delle Scuole Malpighi.
Personalmente la conosco poco, recentemente ho avuto occasione di incrociarla in qualche evento, evidentemente qualcosa era già nell’aria. Per cui valutazioni puntuali e di merito non posso ancora farne. Vedo che su molti temi ha un’impostazione molto diversa rispetto a quello a cui credo a su cui ho lavorato in questi dieci anni in Regione. Mi permetto di dire solo che ho un’altra idea di civismo. La vedo comunque come una figura autorevole, anche se le prime uscite non mi rassicurano sulla sua conoscenza del territorio…
La tendenza attuale a sinistra è cercare di costruire delle coalizioni più allargate possibili, in pratica da un estremo all’altro.
Quella che sta costruendo Michele ha raggiunto un consenso molto ampio nei Comuni, basta pensare alle proposte che sta facendo sulla sanità.
Per noi come metodo non è nuovo: funzionò con l’elezione di Tinti, quando ero impegnata come segretaria comunale del partito, ha funzionato quando ero segretaria di federazione e con Marco Panieri quando abbiamo vinto a Imola, e ha funzionato e si è sviluppata ulteriormente anche in questa mia esperienza per le ultime elezioni amministrative, dove abbiamo costruito una coalizione che abbraccia molto il civismo.
Lo ritengo il segno di un rinnovato interesse nei confronti della politica e della vita pubblica da parte di chi vive e ama la propria comunità, che magari ancora non si riconosce nei partiti tradizionali, ma ha il desiderio di partecipare e di costruire. Nelle coalizioni larghe una cosa che occorre tenere sempre come faro sono le questioni di merito, ed è quello che sto cercando di fare.
Si tratta sempre di coalizioni in cui il Pd è baricentrico. Una soluzione che per ragioni storiche funziona qui, dove, come è successo a Castel San Pietro, il suo partito da solo raggiunge quasi il 50%, ma che è più difficile esportare altrove.
Il Pd baricentrico è fondamentale quando il Pd riesce a interpretare e progettare in modo serio le risposte che vuole dare ai propri cittadini. Anche nell’area metropolitana abbiamo visto nelle recenti elezioni come il civismo abbia in alcune realtà superato il Pd.
Mi pare che in questa fase storica nulla sia esportabile. Come Pd, ed è quello che si sta facendo anche grazie a nuovi stimoli che ha portato la segretaria Elly Schlein, dobbiamo costruire una progettualità riconoscibile e riconosciuta. Non solo nel candidato, che certamente è importante, ma ci vuole anche un progetto che non sia di facciata. Funziona solo se il Pd è in grado di interpretare bene i bisogni concreti di quella comunità.
A proposito di questioni concrete: un tema centrale per tutto il territorio che sta tra Bologna e Ravenna è la nuova linea ferroviaria per le merci e l’alta velocità che collegherà Bologna e Castel Bolognese. A Castel San Pietro che aria tira? C’è preoccupazione?
Direi che c’è attenzione, perché il percorso fin qui è stato disordinato, confuso. E solo grazie al lavoro di Marco Panieri e alla condivisione coi sindaci del Circondario e con la Città Metropolitana, per tornare alla domanda precedente, si è trovata una grande sintonia di metodo e di merito.
Questo però è avvenuto dopo, quando la bomba era già scoppiata.
Siamo riusciti a raddrizzare un percorso iniziato male, diciamolo, anche strumentalmente: se nel bel mezzo di una campagna elettorale inizia un percorso partecipato.. beh.. il retropensiero nasce. Al netto di questo credo che avere istituzionalizzato in Regione il Tavolo interistituzionale sia stato un passo importante. Abbiamo bisogno di discutere ancora. Io ho incontrato e sto incontrando un comitato che ha raccolto delle firme contro il progetto.
Al momento quello che possiamo dire è che ci sono stati mostrati dei tracciati che per Castel San Pietro non sono adeguati, abbiamo già avuto modo di dirlo in modo schietto. Se una intera frazione come Poggio viene compromessa credo ci siano molte valutazioni ancora da fare. Quando attraversiamo un territorio non possiamo limitarci a un algoritmo ingegneristico. Insomma, vediamo ancora troppe ombre quindi abbiamo chiesto questo prolungamento dei tempi, che deve essere non un modo per spostare il problema in avanti ma per fare le dovute osservazioni. A me interessa avere alcune letture non sulla carta ma sui territori.
Per quanto riguarda il mio Comune comprometterebbe alcune aziende, molte abitazioni e anche una frazione di campagna dove l’agricoltura è un valore. Il parere di Castel San Pietro attualmente, per come ce l’hanno presentata, è che la soluzione sia tutta da rivedere. Sono stata ferrea: così Castel San Pietro non può essere trattata!
Su quali questioni chiave pensa si giocheranno la campagna elettorale e il futuro governo di questa regione?
Primo: il tema socio-sanitario. È una regione che dà risposte di salute e sociali importanti ai suoi cittadini, ma non si fa mai abbastanza. La complessità sta aumentando, abbiamo un trend demografico che richiede di innovare il piano socio-sanitario. L’invecchiamento delle persone ci impone una ridefinizione delle risposte.
Secondo punto, e ne abbiamo già parlato un po’, sono i collegamenti. Si è lavorato molto sul potenziamento del servizio ferroviario, c’è la quarta corsia dell’autostrada, abbiamo la necessità di collegare il tema delle infrastrutture con la transizione ecologica.
Il terzo tema è quello che ho più a cuore: i ragazzi e le ragazze, i bambini e le bambine. Che non vuol dire solo scuola. Dopo il covid abbiamo bisogno di dare nuove risposte sia in termini di benessere psicologico che di sostegno alle famiglie e alla genitorialità. L’aumento delle fragilità merita una riflessione particolare.
Un’altra sfaccettatura è questo crescente gap tra la formazione e la richiesta di forza lavoro, e i salari troppo bassi continuano a spingere i nostri ragazzi e le nostre ragazze a guardare altrove. Credo che il tema dell’orientamento sia uno di quelli su cui le amministrazioni locali abbiano un ampio spazio di lavoro. La sperimentazione dei patti territoriali, che si è fatta in tanti territori per far dialogare e strutturare un’offerta formativa la ritengo un’esperienza importante e da replicare.