di Federico Spagnoli
Il Sacco di Roma – Versione ‘Slag’ (da “Àiās”)
la sveglia non li disturba
procedono a ritmi serrati
i camion dell’immondizia
taxi per beni sprecati
eppure farebbero comodo
se solo suonassero il clacson
svegliando tutti i vicini
vite vuote come il loro piatto
e ne ho fatta di strada qui dentro
sei volte al giorno le rampe di scale
e ne ho fatta di strada là fuori
giù per i gradini, anche se piove
mi sveglio presto come un disertore
condominio dal sonno profondo
e c’è del sangue nel mio lavandino
perché il mio cuore non schiva l’affondo
lo specchio attacca, para e difende
sono davvero un ingenuo sfidante
uno che perde, ma non demorde
in questo duello col vetro tagliente
ed esco di casa ferito e sconfitto
il condominio ora sta sbadigliando
e non é altro che un segno d’affetto
verso quest’alba che sto rincorrendo
la pioggia mi accoglie, un buffetto sul viso
diluvia su file ordinate di affanni
e vorrei che piovesse anche in paradiso
e sulle mie pile incendiarie di drammi
cammino distratto, per non vedere
volti che sembrano fatti d’intonaco
ostacoli avversi, al mio cacciare
queste farfalle scappate allo stomaco
e accanto ho le scorie delle vite storpiate
che davano un senso a questi pensieri
protetti e celati da smorfie abbozzate
tra i passi pesanti e i respiri leggeri
dentro i quali si perde ogni cosa che sento
pago mettendo a servizio il mio tempo
passato a incassare le scuse allo sbaglio
ed a scegliere il giusto invece che il meglio
e i sensi di colpa, attaccati alle suole
che strappo anelante di un’assoluzione
vegliata dai corvi, custodi del viale
sprezzanti sui cavi dell’alta tensione
ma io non me ne accorgo, un cenno e svanisco
tra le vene infuocate del grande fuochista
vorrei essere fiamma nel mondo mio bosco
oceano di alberi, di cartapesta