di Federico Spagnoli
Per comprendere questa piccola storia è necessario sapere che i Miller abitavano in una piccola villetta in stile coloniale, adagiata su un pendio troppo distante dal municipio per essere definito “urbano” ed allo stesso tempo troppo verde e rigoglioso per essere volgarmente chiamato “periferia”.
Erano una coppia sobria, affiatata, unita per oltre vent’anni dal sacro vincolo del matrimonio; se quest’ultimo fosse felice o meno, il gentile lettore lo potrà dedurre da sé, una volta che la vicenda sarà sviluppata a sufficienza.
È inoltre fondamentale comprendere – sempre al fine di preservare l’integrità della questione – la, a dir poco, invidiabile vastità della collezione di animali del signor Miller. Quest’ultimo, difatti, era un ometto energico, iperattivo, e dipendeva dalla quotidiana urgenza di fare lunghissime passeggiate insieme al suo cane.
Un pomeriggio, tuttavia, il “camminatore seriale”, come amava definirlo sua moglie, decise che sebbene il cane fosse indiscutibilmente il miglior amico dell’uomo, il suo lo aveva stancato. Alzò quindi la cornetta del telefono, dopo aver composto il numero dello zoo cittadino, e negoziò abilmente l’acquisto di una tigre del Bengala.
La signora Miller, che non era di certo una di quelle persone che si lasciano impressionare tanto facilmente – basti pensare che si vociferava, giù al paese, che avesse tagliato la torta nuziale con una bipenne – rimase completamente di stucco.
Passarono un paio settimane, ed i Miller dovettero sostituire la cassetta della posta siccome l’originale esplodette a causa delle mole di lettere di protesta ricevute dalla moltitudine di paesani incazzati che si erano decisi a denunciare le continue scorrerie del signor Miller e di quella gigantesca belva che teneva al guinzaglio.
Alla luce di questi fatti, come prevedibile che fosse, la signora Miller decise che non ne poteva più e si apprestò a vietare al marito di portare a spasso la sua tigre.
È bene specificare, come forse qualcuno avrà già intuito, che il signor Miller è una persona semplice, abitudinaria, ma che si stanca delle cose con grande facilità: la moglie lo trovò quindi alle prese con il telefono, per la seconda volta, intento a contrattare con il responsabile dello zoo per l’acquisto di uno struzzo.
Quando, il giorno seguente, la signora Miller raccontò della questione alle amiche, queste ultime dapprima si misero a ridere, immaginandosi il marito che cavalca una tigre in giacca e cravatta, dopodiché le consigliarono di starsene in guardia, siccome gli uomini – è questione di natura, cara – ne escogitano di tutti i colori pur di trovare una scusa per uscire di casa e poi recarsi dalle amanti.
La signora Miller, scossa da una comprensibilissima apprensione, si appostò giorno e notte davanti alla finestra che dava sul cortile, in modo da poter monitorare tutti quanti gli spostamenti del marito, il quale, nei giorni precedenti, aveva ampliato la propria collezione di animali con le aggiunte di un serpente a sonagli, un drago di Komodo, un orso bruno e perfino un calamaro gigante – al fine di tutelare la più che legittima privacy dei Miller, non indagheremo in merito al luogo nel quale i due lo tenessero custodito – .
Tornando a noi, vedere il proprio marito uscire ogni giorno di casa in compagnia di un serpente era uno scenario che nemmeno lontanamente – la povera signora Miller, s’intende – si sarebbe mai potuta immaginare. Basti pensare che l’uomo era talmente assorto nelle proprie fantasticherie che un giorno aveva addirittura portato a spasso il guinzaglio reggendo in mano il serpente. Questo ed altri dettagli non passavano inosservati sotto gli occhi della moglie, la quale iniziò a domandarsi se non fosse più plausibile che il marito, invece di una qualche amante giù al paese, non covasse dentro di sé un’irrefrenabile passione per il tenere le cose al guinzaglio.
Naturalmente, questi quesiti interni della signora Miller erano imprescindibilmente destinati al non ricevere risposta alcuna, motivo per il quale la suddetta si ritrovò a dover agire per proprio conto, nel tentativo di fare chiarezza sulla tanto sconcertante questione. Fu quindi il suo turno di alzare la cornetta del telefono di casa: lo fece con estrema discrezione, cercando di eludere il formidabile udito del marito, e digitò il numero del reparto di archeologia del museo cittadino.
È sempre bene ricordare al gentile lettore che il signor Miller, che ormai sappiamo essere una persona semplice ed abitudinaria, era tutto sommato dotato di un inappuntabile buonsenso: non c’è dunque da sorprendersi se il suo volto, una volta vista l’enorme statua antica che la moglie aveva fatto collocare al centro del salotto, si deformò in una smorfia che trasudava confusione e sbigottimento.
Una volta che si fu ripreso, il signor Miller si affrettò a chiedere spiegazioni alla moglie in merito al nuovo singolare pezzo da mobilio.
La risposta della signora Miller varia a seconda delle versioni della vicenda e dell’umore del narratore; non si offenderà dunque il gentile lettore se, in questo caso, la risposta che mi sento di posare tra le labbra della signora Miller è la seguente.
–Tieni al guinzaglio questa, stronzo.
La tua immaginazione non ha freni, Federico! Ed i tuoi racconti mi piacciono per questo.
Ci sarà una probabilità che la signora Miller finisca a sua volta…nel guinzaglio?