Oggi non c’è attività dell’uomo che non possa trarre beneficio dall’utilizzo delle nuove tecnologie. Dalle operazioni più complesse alle attività che compiamo quotidianamente, ogni azione umana è resa possibile, oppure può essere arricchita, eseguita più velocemente e con maggiore precisione, insomma, fatta meglio, utilizzando le nuove tecnologie.
Questo non significa che l’adozione di tecnologie più evolute porti sempre un beneficio o non comporti dei rischi, ma che se correttamente comprese, interpretate e utilizzate, le nuove tecnologie rappresentano una grande opportunità. Perché la differenza nei cambiamenti, siano essi piccoli oppure enormi come molti di quelli a cui stiamo assistendo, la fa il modo in cui li si affronta: se li si subisce oppure se li si comprende, indirizza e gestisce. In una parola, se si è in grado di governarli.
Di questo abbiamo ragionato con l’assessore allo sviluppo economico del Comune di Imola Pierangelo Raffini, a margine delle iniziative del Laboratorio Aperto del Circondario imolese, una iniziativa creata per la divulgazione e la conoscenza sui temi dell’intelligenza artificiale, dell’innovazione, della tecnologia, della cybersecurity e della sostenibilità ambientale.
Globale e locale
Le innovazioni tecnologiche hanno di certo delle caratteristiche e delle implicazioni di livello globale, quindi comuni a tutti. Poi però ci sono delle differenze nel modo in cui le novità trovano applicazione e hanno delle ricadute specifiche sui singoli territori, ricadute legate alla loro storia, all’identità, alle necessità, alla sensibilità dei territori stessi. Nel caso del nostro giornale, il territorio che ci interessa è quello “tra Bologna e Ravenna”.
Dopo un percorso partecipato servito a raccogliere spunti e idee dai principali stakeholders locali, il Circondario Imolese e BOOM KNOWLEDGE HUB hanno organizzato tre eventi pubblici destinati in particolare alle piccole imprese, alle società partecipate e agli studenti degli istituti scolastici superiori. I primi due incontri si sono svolti il 16 e il 30 ottobre, il terzo il 14 novembre.
«Vogliamo essere un hub per facilitare l’accesso alle nuove competenze»
«Le nuove tecnologie – sostiene l’assessore Pierangelo Raffini – non vanno viste con preoccupazione, come qualcosa che rischia di farci perdere il posto di lavoro, ma come un’opportunità per approfondire, aggiungere nuove conoscenze e specializzarsi, e così rendersi più appetibili all’interno del mondo del lavoro. Temi come l’intelligenza artificiale, la sostenibilità Esg, l’internet of things (l’internet delle cose), e le applicazioni legate ai gemelli digitali e alla robotica devono diventare parte della nostra cultura e del nostro lavoro. In questo percorso il Circondario imolese vuole essere un hub per facilitare l’accesso alle nuove competenze tecnologiche, sia per i cittadini che per le imprese».
«Andiamo verso un futuro in cui l’intelligenza artificiale generativa sarà una commodity»
Al momento ci sono temi trasversali che, anche se in misura diversa, interessano tutte le imprese, dall’azienda più strutturata alla piccola attività artigianale o commerciale. Tra questi ricadono certamente temi sensibili come la cybersecurity e la gestione del dato. Accanto a questi temi ce ne sono però altri più specifici e legati alla dimensione e alle caratteristiche della singola attività economica e al tessuto territoriale. Si avverte quindi il bisogno sia di una maggiore educazione universale al digitale, sia di conoscenze e abilità più specifiche per il mondo del lavoro. Abilità e conoscenze che per le aziende rappresentano sempre di più un imprescindibile vantaggio competitivo.
Grandi e piccole imprese
Come accade per molte novità, siano esse organizzative o più legate al prodotto, anche sulle innovazioni digitali nel territorio imolese vediamo convivere realtà che marciano a velocità molto diverse tra loro.
«Digitalizzazione, l’internet delle cose, il 5G e tutti i temi dell’industria 4.0 hanno una buona diffusione sul territorio, con aziende più importanti che fanno da traino, anche perché sono più facilitate a sperimentare, ricercare e approfondire questi temi anche perché posseggono una maggiore capacità di investimento. Mentre le Pmi, le piccole e medie imprese, che sono la stragrande maggioranza delle nostre aziende, fanno più fatica, ma spesso sono stimolate dai committenti, che le coinvolgono nell’innovazione. E questa azione è diventata e sta diventando sempre più importante, dato che gli elementi dell’innovazione tecnologica sono oramai fattori determinanti nella scelta tra un fornitore e un altro. Le nuove tecnologie e la digitalizzazione non sono più un optional, bensì rappresentano una condizione necessaria per rimanere sul mercato».
«La storia bisogna conoscerla non per rimanere ancorati ad essa, ma utilizzarla per capire come applicare le novità e le nuove tecnologie»
La cyber-sicurezza
I temi dal maggiore impatto sono la cybersecurity e le applicazioni legate all’intelligenza artificiale generativa. Ci sono aziende che hanno scoperto sulla loro pelle l’importanza di sapersi difendere dagli attacchi informatici. Una di queste è una tra le principali aziende imolesi, la Cefla, che nel gennaio del 2020 fu vittima di un ransomware, un virus informatico che rese inaccessibili i dati dei sistemi aziendali, costrinse a laboriose operazioni di ripristino dei backup e per alcuni giorni paralizzò l’azienda mettendo a rischio la sua operatività.
Da allora la cyber-sicurezza è diventato uno dei temi più sensibili non solo per la cooperativa che aveva subito l’attacco, che al proprio interno ha modificato i protocolli e organizzato iniziative di formazione rivolte ai propri dipendenti, ma per l’intero sistema produttivo.
Non è un caso se proprio a Imola, nei locali che ospitavano lo Zoo acquario in viale Aspromonte, dove sono in fase di completamento i lavori di riqualificazione e adattamento, nascerà il Polo formativo e dell’innovazione per la formazione terziaria Its sulla cybersecurity e verranno attrezzati i laboratori per la robotica e la crittografia quantistica. Il polo sarà dedicato ad Adriano Olivetti.
«Oggi il focus della sicurezza informatica sono le piccole e medie imprese. È infatti sufficiente leggere i rapporti dell’agenzia sulla cybersecurity (Acn, Autorità nazionale per la cybersicurezza), per rendersi conto che sono proprio le Pmi le più bersagliate in Italia, che è tra i primi paesi al mondo per numero di attacchi e frodi informatiche. Ci sono aziende del crimine con veri e propri listini dettagliati in base alla dimensione dell’attività presa di mira, così da rendere più conveniente pagare il riscatto che sopportare il danno. Oggi il dato è una delle risorse più importanti che l’azienda possiede, per cui la sicurezza informatica deve essere intesa non come una spesa ma come un investimento: stiamo lavorando affinché diventi parte del fare impresa, un elemento culturale».
«L’intelligenza artificiale non ti ruberà il lavoro, ma qualcuno che la sa usare meglio di te sì»
L’AI generativa è ancora per pochi, pochissimi
Per quanto riguarda l’adozione dell’AI generativa la distanza è ancora maggiore, tra (alcune) imprese di grandi dimensioni presenti sul territorio che stanno facendo sperimentazioni profonde sull’analisi e la restituzione del dato, e le altre che invece la temono o annaspano cercando di capire di cosa si tratta. In questo caso, sottolinea l’assessore, è ancora più forte la necessità per le aziende più piccole di mettersi nella scia di quelle che l’hanno introdotta o ne stanno sperimentano i possibili utilizzi dell’AI.
«La mia percezione è che nelle aziende più strutturate e innovative ci sia la consapevolezza della necessità di trasmettere conoscenze e competenze. Perché l’AI è un vantaggio competitivo, ma per la grande impresa questo vantaggio è condizionato a che il fornitore si adegui ai suoi standard. Se vogliamo che ci siano benefici per tutto il territorio la sfida è far comprendere, anche con l’aiuto della associazioni d’impresa, come gli esempi e le possibilità di applicazione dell’Ai possano portare dei benefici anche all’azienda più piccola. È chiaro che non tutte le imprese ne hanno bisogno allo stesso modo e nello stesso momento, ma la curiosità di interrogarsi ci deve essere. Perché, veramente, non c’è un settore in cui non puoi applicare questa tecnologia. Però devi essere aperto alle possibilità che ti offre, perché ci sono ottime opportunità di crescita».
Evitare di essere marginali
Perché il rischio, quando si sviluppano novità con questa capacità dirompente è la marginalizzazione, per un intero Paese, ma soprattutto in territori che non sono baricentrici.
«L’innovazione arriva prima nelle grandi città, è chiaro, e da lì si espande. Ma oggi la tecnologia e le informazioni sono alla portata di tutti. Il rischio di divenire marginali c’è, ma io vorrei, e col direttore del Circondario Sergio Maccagnani stiamo lavorando in questa direzione, che il nostro territorio non corresse questo pericolo, ma anzi ne facesse un’arma a proprio favore. Ciò che stiamo cercando di fare, anche con il Laboratorio Aperto, è proprio far capire che il territorio imolese su questi temi potrebbe risultare più innovativo rispetto ad altri che magari non colgono l’importanza delle novità. Ma è anche un problema più ampio, del nostro Paese. L’Italia ha sempre avuto la capacità di produrre idee, creare prodotti, introdurre innovazioni centrate sulla creatività. Ecco, adesso questa capacità creativa la deve usare anche sulle nuove tecnologie».
Spazio per nuove attività
Nell’area imolese vede un orizzonte per cui grazie alle nuove tecnologie le aziende e i settori produttivi esistenti si trasformano? Oppure grazie alle nuove tecnologie nasceranno e si svilupperanno attività che operano in altri ambiti?
«Qui abbiamo settori in cui siamo tra i leader, come la meccatronica, la meccanica, l’agricoltura e il packaging, settori che dalle innovazioni possono trarre enormi benefici. Però a me piacerebbe che accanto a questi settori e aziende storiche se ne sviluppassero altri, settori a cui magari oggi non pensiamo, ma che potrebbero rappresentare una significativa leva di sviluppo e di diversificazione. Penso alla lavorazione del rifiuto, alle tecnologie legate ai nuovi materiali, alle energie rinnovabili, al fintech. Anche perché, per il principio dei vasi comunicanti, se nel lungo termine un settore va in crisi devi avere la possibilità di attutirne l’impatto attraverso altre imprese, altre attività. Che oggi non ci sono o stanno nascendo, ma che domani potrebbero rappresentare una parte consistente del nostro tessuto produttivo».