Restaurare una fiaba russa (secondo me)

di Federico Spagnoli

Restaurare una fiaba russa (secondo me)

Vagava, per le strade di una cittadina come le altre, un giovane soldato in congedo. Diretto verso la propria casa, il soldato da tempo faceva i conti con la vuotezza del proprio stomaco e delle proprie tasche; ma siccome il nostro protagonista era senz’altro dotato di un incrollabile ottimismo, egli procedeva allegramente rinvigorito dalla propria buona volontà. E ripeteva a sé stesso:
– Su col morale! La vita è piena di incontri e sorprese!
Il giovane non era certo un profeta, eppure può capitare – davvero a chiunque – che parole pronunciate con tanta leggerezza possano in una qualche maniera intrecciarsi con l’irta trama di ciò che ancora deve avvenire. S’imbatté dunque, il nostro soldato, in un diavoletto che sedeva su uno steccato ai margini della via.
– Dove ti dirigi, ragazzo?
– Non seguo altro che le mie gambe; perlomeno fintanto che non avrò un po’ di fortuna!
– Fortuna… molto bene! Ti proporrò un patto: ti consegnerò una borsa magica, stracolma d’oro, che mai si vuoterà se tu, per tre interi anni, rinuncerai a lavarti, pettinarti, raderti e soffiarti il naso.
Il nostro protagonista, fiutando il dolcissimo aroma che emana l’idea di un bel guadagno, acconsentì. Lungo la strada, che iniziò a percorrere rigirandosi in mano la borsa magica, apparve una locanda. Senza pensarci due volte, il giovane si fece dare la camera migliore e si presentò a cena stringendo tra i denti la promessa di offrire da mangiare e da bere a tutti i commensali. Per settimane i clienti della locanda fecero festa, contando sull’incredibile generosità del nuovo arrivato, il quale, dal canto suo, era il primo ad interessarsi ai problemi ed alle richieste altrui. Bisogna assolutamente ricordare che il nostro protagonista pur sempre vantava dell’inesauribile fede che destinava alla propria bontà, e che dunque era sempre in ascolto quando per aria si libravano discorsi sulla sventura, disgrazia, malasorte o che dir si voglia. Gli venivano indicate vedove disperate, padri di famiglia in miseria, bambini abbandonati o anziani rimasti soli e senza aiuti, e lui provvedeva a dar loro man forte acquistando a proprie spese i mezzi necessari per tirare avanti.
La fama del nostro protagonista si sparse in tutti i villaggi della zona, e ben presto un numero sempre più cospicuo di abitanti si rivolse a lui per ringraziarlo o domandargli ulteriori favori. Naturalmente, e come noi ben sappiamo, tutto ha un prezzo, e la ricchezza del giovane certo non faceva eccezione: il suo odore ne annunciava la presenza anticipandone le membra di parecchi metri, la barba sfiorava il terreno, i capelli sembravano cespugli spinosi ed il volto sporco, pieno di croste, ospitava un naso che colava senza tregua, siccome il soldato era spesso malato.
La gente locale osservava disgustata le unghie delle sue mani, simili ad artigli, ed in sua presenza tratteneva il respiro come davanti ad una carcassa purulenta. Certo, nemmeno il soldato era a proprio agio in quelle condizioni, e per qualche tempo aveva anche accarezzato – o meglio, graffiato – l’idea di rompere il patto con il diavoletto; ma il contatto con una ricchezza tanto consistente – e qui sarà una scelta del lettore, se biasimarlo o meno – fu sufficiente a farlo desistere da tali mire.
La fama del giovane non si propagò soltanto in orizzontale, ossia di villaggio in villaggio, bensì venne a svilupparsi persino in verticale; e dunque, giunse allo zar, il quale era alle prese con una dispendiosissima guerra che era sul punto di perdere.
Arrivò quindi alla locanda un messaggero che informò il giovane della situazione, e che, per fortuna della famiglia reale, udì la risposta che riporto qui sotto.
– Sarà per me un onore prestare il mio denaro allo zar!
Grazie all’oro del nostro protagonista venne allestito un grosso esercito, che tuttavia venne sbaragliato dai nemici. Lo zar si ritrovò nuovamente alle strette, ma nuovamente il giovane si fece trovare ben disposto a finanziargliene un altro. Non è noto se fu a causa dell’incapacità dei generali o dello scarso addestramento delle truppe sottoposte che anche il secondo esercito venne pesantemente sconfitto. Quel che importa a noi, è la graduazione rosso acceso delle guance del messaggero reale che si ritrovò per la terza volta a dover chiedere l’elemosina al giovane per conto dello zar.
– Altro oro, dunque. Ed in cambio cosa otterrò?
– Chiedi ciò che vuoi. La tua richiesta verrà esaminata dallo zar in persona.
– Desidero avere in sposa una delle figlie di sua maestà.
A questo punto della conversazione, sarà bene mettere al corrente il lettore del singolare fatto che le figlie dello zar erano una più brutta dell’altra. Il messaggero, che voleva evitare ogni complicazione, si premurò di ricordarlo al nostro protagonista, il quale tuttavia rispose così:
– Io sono strano, mi si conosce. E fare il contrario di ciò che fanno gli altri mi diverte.
Lo zar venne quindi informato della questione, ed invitò il nostro protagonista alla corte reale in modo che costui potesse scegliere la donzella che più gli aggradava. Prima, però, ripeté un centinaio di volte alle proprie figlie che in gioco vi era la salvezza del regno, che il pretendente era un uomo immensamente ricco e che aveva soltanto qualche stranezza a cui occorreva, in virtù del fatto sopracitato, passar sopra.
– E inoltre, figlie mie, ancora non avete avuto nessun pretendente…
Il soldato giunse quindi a corte, più sporco che mai, ed una volta che venne introdotto alla sala del trono tutti i presenti si tapparono il naso inorriditi. Furono sufficienti pochi secondi – non di più – affinché gli apprezzamenti da parte delle figlie dello zar potessero riecheggiare per la sala:
– Piuttosto che sposare un essere simile vado in convento fino alla fine dei miei giorni!
– Piuttosto che sposare un essere simile mi getto tra le braccia del diavolo!
– Piuttosto che sposare un essere simile mi butto dalla torre più alta!
Il nostro protagonista, fermo immobile in mezzo alla sala, aveva la barba sotto le suole delle scarpe, i capelli unti, i vestiti coperti di sporcizia ed il naso che colava senza che egli facesse il minimo tentativo per asciugarlo.
– Sta bene così! Mi sono divertito a sufficienza! Tenetevi l’oro e dimenticate il compenso che avevamo pattuito!
Venne quindi allestito un terzo esercito, di dimensioni a dir poco spaventose, il quale riuscì finalmente ad avere la meglio sui nemici. Fu indetta, in seguito, una grande festa alla quale venne invitato anche il giovane soldato. Nel frattempo però erano passati i tre anni concordati con il diavoletto, ed il soldato tornò da questo affinché gli riconsegnasse il suo aspetto normale.
– Nulla di più giusto!
Apparve un enorme calderone dove il giovane si tuffò e, come per magia, perse barba, capelli ed ogni traccia del cattivo odore che da tre anni si portava appresso. Balzò fuori pulito, profumato, e di bellissimo aspetto.
Si fece precedere, a corte, da una serie di bellissimi regali per lo zar, ed una volta arrivato lo stupore fu generale. Le principesse fecero subito a gara per attirare la sua attenzione, pregando che si fosse dimenticato delle parole con cui lo avevano accolto la volta precedente. Lo zar capì che le figlie avevano cambiato idea, e tentò in ogni modo di accaparrarsi il ragazzo come genero, ma questo fu irremovibile.
– Prendere moglie non è più mia intenzione! Preferisco girare il mondo, conoscere gente nuova e fare a questa del bene, ove potrò.
Fece un inchino, ed uscì dal portone della sala lasciando tutti i presenti a bocca aperta. Poco importa, a questo punto, se il nostro protagonista imboccò la prima, seconda o terza strada che gli si parò davanti: ci basta sapere che egli proseguì il proprio cammino con il sorriso stampato in volto, forte del proprio ottimismo, e che invece delle gambe o della fortuna, egli seguì un filo immaginario sperando che all’altro capo ci fosse – e come mi appresto ad augurargli – l’inizio di una nuova avventura.

 

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