Gli “scappati di casa”, la sindaca Sangiorgi e Giuseppe Conte. La parabola del Movimento 5 Stelle vista da Imola

Gabriele Betti è un imprenditore, ha un’azienda di meccanica di precisione che a Imola lavora prevalentemente nell’ambito farmaceutico. Dal 2011 nasce la passione per Beppe Grillo e l’attivismo per le battaglie che stanno trasformando il comico genovese nell’ideatore, guru e poi garante del Movimento 5 Stelle. Poteva entrare nello staff di Palazzo Chigi, ma racconta che dopo una notte insonne passata a pensarci su decise di rifiutare l’offerta e andare avanti con la propria vita. Non si è mai candidato e dentro il Movimento 5 Stelle non ha mai ricoperto un ruolo ufficiale. Ma dietro la campagna elettorale che nel 2018 portò Manuela Sangiorgi a vincere a sorpresa il ballottaggio alle elezioni comunali e diventare sindaca di Imola c’era lui.

Nel 2007 a Bologna si svolge il V-day, il Vaffa-Day, una adunata che di fatto sancisce la nascita di quella che viene definita l’anti-politica, col rifiuto della politica e dei politici di professione. Il V-day scalda i cuori ed è lì che prende il via quella che per molti aspetti è stata una vera rivoluzione.
È stata una folgorazione. Il movimento è nato così, dalle battaglie per il Parlamento pulito, con il no ai due mandati. Tutti principi e valori che nascono da quella manifestazione. Avevamo più di 60 condannati definitivi in Parlamento! Gente che era in Parlamento da trent’anni!
Inizialmente il mio impegno fu minimo, volevo capire che direzione prendeva quella protesta, se diventava un gruppo di anarchici oppure se Beppe riusciva a tenere la barra dritta e a creare un qualcosa di concreto, di realizzabile.

Nel 2009 Grillo organizza la Carta di Firenze: 20 punti cardine che danno l’impronta a quello che nel 2009 diventerà il Movimento 5 Stelle. Il blog di Grillo, i meetup, la piattaforma… Il 4 ottobre la fondazione insieme a Gianroberto Casaleggio.
Iniziamo a conoscerci, a capire dove andare e da lì iniziamo questo percorso. Io conosco personalmente Grillo, tra la fine del 2012 e metà 2013, sono i 6-7 mesi in cui ci vediamo e iniziamo a condividere determinate cose. Ci scambiamo un po’ di idee. In quel periodo ho sempre tenuto un po’ nascosto questo legame che avevo con Beppe, proprio perché non volevo che influenzasse troppo. C’erano sì delle persone che lo sapevano, però volevo che fosse l’idea, il messaggio, ad arrivare prima di un aggancio in amicizia. 

A Imola intanto si arriva alla creazione di una lista che partecipa alle elezioni comunali del 2013 e che con Claudio Frati candidato sindaco sfiora il 20%, secondo “partito” in consiglio dopo il Pd che è al 44%.
È la prima volta nella storia del Comune di Imola. Una lista di 24 “scappati di casa”, sconosciuti e mai presentati alle elezioni, si presenta alle comunali e prende il 20%.
Io a Imola conoscevo tante persone perché, al di là del mio lavoro organizzavo le feste, ho gestito il venerdì del Cap Creus per due anni… insomma, un po’ la mia generazione la conosco, così come il mondo della piccola e media impresa, perché ci lavoro, ci sono dentro dalla mattina alla sera, gli artigiani li conosco praticamente tutti per nome. In quella occasione ci misi molto del mio, in maniera anche un po’ improvvisata e ingenua, perché voleva dire spendersi personalmente, nel bene e nel male.
Però a me piaceva tutto, mi piacevano le idee, mi piacevano le persone che si erano avvicinate al Movimento… Era tutto stupendo.

La cosa poi si fa seria e prendete coscienza che, per citare un famoso film, “si può fare!”.
Ciò che sapevo fare io, che mi piaceva e mi veniva bene erano le campagne elettorali. Abbiamo fatto la campagna elettorale del 2013, quella del 2018, la campagna per le politiche e per le regionali, dove entrarono cinque consiglieri del Movimento.
Non l’ho mai detto a nessuno, ma mi sono sempre sentito addosso un po’, tra virgolette, il merito di alcuni successi legati alle campagne elettorali. Di notte mi venivano in mente le strategie da fare, dove andare “a prendere” le persone, come smuovere le coscienze, raggiungere il cuore della gente, quali argomenti toccare e come toccarli.

Come nel 2018, quando, per la prima volta a governare la città di Imola arriva una amministrazione comunale che non ha le proprie radici nel Partito Comunista.
Partiamo per questa avventura e alla fine della fiera vinciamo al secondo turno, con una candidata che… purtroppo… però vincemmo.
Paradosso dei paradossi, quella persona che abbiamo fatto eleggere come sindaco, in campagna elettorale ha funzionato, siamo riusciti a trasformare le sue debolezze in aspetti che avevano presa. L’immagine della zia buona sì, funziona.

Dopo il primo turno nessuno si sarebbe aspettato quel risultato. La sua competitor, la candidata del centrosinistra Carmela Cappello era al 42% con più di 12 punti di vantaggio sulla vostra candidata Manuela Sangiorgi. A quel punto cosa è accaduto?
C’è stato un fattore che non si era mai verificato in questa città: dopo settant’anni per la prima volta il centrosinistra non ha vinto al primo turno. Si è quindi creato un precedente. Per la prima volta si andava al ballottaggio, e così si è aperta una finestra: il cittadino ha potuto scegliere, e si è mossa tutta quella parte di gente che normalmente si astiene perché non si riconosce né in un candidato né nell’altro.

Riusciste a spostare i voti del centrodestra.
Io penso più a una massa di persone che non va a votare, anche chi non vota il centrodestra e non si riconosce più nella proposta politica che c’è. Tante persone non necessariamente legate al centrodestra, che hanno detto: “Dai, cavolo, stavolta possiamo cambiare davvero”. Quindi, tolto il voto d’apparato che rimane al partitone, tutti gli altri li hai coinvolti dicendo (anche in quel caso è contato il messaggio): “Oh, se perdete l’occasione non vi ricapiterà mai più”. Quindi la gente è stata mossa dal “non ricapiterà mai più” ed è andata a votare.

Fino a quel momento lei la descrive come una cavalcata trionfale (la campagna elettorale, l’occasione offerta ai cittadini scontenti, la vittoria)  come forse è stata, poi però le cose sono cambiate.
Sono sempre stato convinto che la persona conta fino a un certo punto, è il portavoce, vero, poi però c’è una base che comanda e c’è un programma. E ne resto convinto. Questo schema però non funziona coi sindaci, non può funzionare, al di là della persona che è diventata sindaco a Imola, che, lasciamo perdere… ma normalmente non può funzionare con i sindaci perché la responsabilità è la sua, è di una persona sola. Un conto è un parlamentare che gode di immunità e quindi può rappresentare effettivamente la volontà della base e può essere un portavoce, se lo vuole, un conto è un sindaco che oggettivamente è vincolato alla sua responsabilità, ce l’ha lui (o lei) sulla testa. Se abbiamo messo nel programma elettorale una cosa, e poi con questa cosa finisce la carriera del sindaco e il sindaco dice no, ecco, io da grillino mi incazzo e dico che tu devi fare quello che dice la base.

È stato questo il caso della sindaca Sangiorgi?
Qui era il contrario, era lei che a mio giudizio si è spinta un pochino troppo oltre, ma su delle vicende personali. E a quel punto noi abbiamo chiesto chiarimenti su determinati aspetti. Lo scontro però era già in atto.
Settembre 2018, quindi tre mesi dopo la vittoria alle elezioni: litighiamo subito. Ma per quale motivo litighiamo? Io sostanzialmente ho visto in lei immediatamente la paura di esporsi contro un determinato sistema, un determinato meccanismo. Ho capito che con lei non sarebbe cambiato nulla. Io mi defilo, ero delusissimo: avevo fatto quello che secondo me era il capolavoro più bello della mia vita e un’altra persona lo stava distruggendo.

Ma non è un po’ nella natura della politica che l’entusiasmo che c’è quando organizzi, muovi i cuori, come diceva lei, coinvolgi le persone, quando poi ti trovi a dover prendere le decisioni, hai delle responsabilità e devi stare nelle istituzioni, ecco, quell’entusiasmo svanisca?
È un po’ vero. Poi però all’interno di quella griglia c’è modo e modo, anche di poter spiegare e di tirar fuori i problemi con l’assemblea. Il rammarico più grande è stato che se il sindaco l’avesse fatto Patrik Cavina (il vicesindaco, ndr.), le cose sarebbero andate diversamente. Poi non sto sostenendo che avremmo rivoluzionato tutto, però non sarebbe andata in questo modo, perché con tutti i difetti che può avere, Patrik è una persona onesta e di cuore. Quindi il problema è stata la persona. Al 100%.

Però fa parte del sistema di selezione del Movimento 5 Stelle, in cui è la base che decide i meccanismo con cui si scelgono i candidati…
Fa parte della storia del Movimento 5 Stelle: finché abbiamo avuto il timone delle persone le cose sono andate in una certa direzione, altrimenti il Movimento si sarebbe spento molto prima. Quando abbiamo smesso di avere polso su certi aspetti le cose sono iniziate ad andare diversamente.

Su che cosa in particolare avrebbe sbagliato la sindaca Sangiorgi?
Mi chieda piuttosto cosa può aver fatto di buono… ha semplicemente sbagliato tutto.

Questa però è una risposta che ha il difetto di non spiegare nulla.
La prima cosa che deve fare un sindaco qual è? Coinvolgere i propri consiglieri. Quando l’indirizzo politico, quando la linea non è più quella, quando non conta più il programma elettorale… a quel punto lei si è isolata completamente dal gruppo e così ha tagliato fuori tutte le persone che hanno contribuito alla sua elezione, i consiglieri, ha tagliato fuori tutti. Ha tagliato fuori Roma: avevamo a disposizione mezzo governo, il peso per influire su determinate dinamiche poteva essere notevole. E lei non fa niente…

E delle dimissioni non sapevate nulla?
Niente, nessuno.

Io in piazza c’ero e le facce degli assessori sul palco erano eloquenti. Poi cosa è successo? Le dimissioni che impatto hanno avuto sul Movimento e su di lei?
Devastante per il Movimento 5 stelle. Il cittadino cosa ha pensato? “Ho creduto in un sogno, questo è il risultato!”. Personalmente mi sono sentito in dovere di andare in giro a chiedere scusa alle persone. Mi ero speso molto a livello personale per cui era giusto andare a chiedere scusa. Poi piano piano sono scivolato via, perché faccio un altro mestiere. Il Movimento viene raccolto da Ezio Roi, che è stata una persona fantastica. Non era facile ripartire dopo un fallimento dovuto sì a una singola persona, ma che coinvolse tutti. È stato un momento tremendo, il peggiore. Ci sono state persone che hanno ripreso la bandierina da terra e l’hanno issata.

Però Sangiorgi era la candidata scelta dall’assemblea, che è sovrana.
Io non volevo lei come candidato sindaco, ma metà dell’assemblea la sostenne. Vinse per un paio di voti. Io ed Ezio litigammo in merito alla candidatura della Sangiorgi, io non la volevo, lui si. Lo stesso Patrik con noi diceva che era lei quella giusta.

Aveva delle caratteristiche che in quel preciso momento la rendevano un candidato giusto: era comunicativa, piaceva a generazioni diverse, era una donna…
Infatti noi non eravamo preoccupati per le elezioni, ma per il dopo.
Il giorno che vincemmo con la Sangiorgi tornai a casa da mia moglie e le dissi: “dura un anno”. Avevo avuto giorni non facili. Nei quindici giorni prima del ballottaggio ho subito delle pressioni. Pressioni a livello lavorativo… non è stato semplice. Due settimane difficili. Abbiamo vinto e il giorno dopo mi hanno chiamato tutti, tutti, ma veramente tutti. Così come quando prendemmo il 33% a livello nazionale. Io percepii chiaramente che l’approccio nei miei confronti era cambiato, anche a livello lavorativo. Venivano da me in azienda con i loro problemi,  con la loro istanza o a propormi delle persone per il governo: “Guarda che lì a Roma, su Roma, abbiamo questo bravo”.
In dieci anni ho visto di tutto: dal nulla, da quando al banchetto pioveva e alle elezioni finivi nella categoria “altri”, fino al delirio del 33%. Potevamo giocarcela molto meglio. In quel momento il mondo che solitamente fa delle pressioni, il lobbista, stava a guardare. C’è  stato un breve momento in cui non sapevano cosa stava accadendo… “e adesso cosa succede?”. Non sapevano nemmeno a chi rivolgersi. Non c’era pressione, e in un anno il governo con la Lega ha fatto delle cose bellissime. Con Salvini vicepresidente del consiglio sono state fatte le cose più di sinistra: il reddito di cittadinanza, quota 100, il decreto dignità.

Poi?
Poi da fuori hanno capito come funzionava. Berlusconi è stato il più grande disastro politico di questo Paese però, lui che l’animo umano lo conosceva bene, aveva capito prima di tutti come dovevano essere presi i grillini: fateli entrare, fateli stare un po’ nel palazzo, trattateli bene, coinvolgeteli, diceva. Tanti li han presi così. Tu hai mandato dentro della gente che veniva dal nulla. Quindi vanno lì dentro, un po’ cedono, e come diceva Gaber: “Cedi oggi, cedi domani…”. E adesso non vogliono più uscire. Quello è il problema, se tu liberi la politica, togli i soldi, togli la possibilità di fare carrierismo politico, torna la passione, torni a parlare dei contenuti.

Non c’è il rischio che in questo modo vengano attratte dalla politica solo le persone che non hanno alternative professionali? Molto fedeli ma poco capaci?
Non sono d’accordo e spiego perché: io lì voglio la persona pura, mentre la persona capace dal punto di vista tecnico va scelta tramite bando statale. Io sono per la democrazia diretta partecipativa, quindi quello è il mio sogno; ma se parliamo di democrazia rappresentativa, almeno che ci sia la rappresentanza del popolo. È la persona media del popolo, è lui che deve andare lì dentro. Non ci devo mettere il meglio, perché il meglio probabilmente non è rappresentativo del popolo. Quello non è un funzionario, è un rappresentante. Se io mando avanti il più furbo, cosa che sta succedendo, è il più furbo che vince. Perché il più bravo si mette a disposizione, il più furbo si prende la poltrona e ci resta, poi te la racconta come vuole. E a quel punto: buonanotte!
Quando vedi lo scollamento tra il politico e le persone che l’hanno eletto? C’è una frase simbolo: “Non potete capire”. Ecco, quella è una frase che quando la senti dire da un politico nei confronti di chi lo ha eletto è la fine. Se in quella circoscrizione tutti parlano in dialetto, in Parlamento deve andare uno che parla dialetto; non devo prendere uno da fuori, bello, rispettabile, con la cravatta e che deve parlare italiano perché andrà nelle istituzioni. Questo se parliamo di democrazia rappresentativa. Altrimenti il modello è fallimentare e lo abbiamo visto.

Se però il meccanismo porta a far diventare sindaco una persona che di fatto chi la candida ha già ravvisato non avere le caratteristiche per gestire una città, evidentemente c’è una falla nel sistema.
Assolutamente sì. È la debolezza più grande del Movimento, cioè quella di non riuscire a discriminare le persone in base alle loro affidabilità e purezza. Ci sono delle dinamiche umane… io stesso non mi posso definire incorruttibile, perché non sono mai stato messo alla prova in una situazione in cui ho testato la mia incorruttibilità. Magari non sono una persona che dà eccessivo valore ai soldi, vero, però magari ho un figlio e alla fine un sistema può trovare comunque il modo di corromperti o di farti delle pressioni. Chi, oggi, è talmente puro e lineare, rigido, rivoluzionario da non cedere mai?! Ed è un sistema che le pressioni te le fa. E spesso ti anticipano, nel momento che arrivi e capisci è già tardi.

Posso definirla l’ideologo del Movimento 5 Stelle, il Beppe Grillo imolese?
Qualche anno fa forse, adesso non sono più l’ideologo di nulla. Ho dei rapporti con Beppe, sempre: ci scambiamo opinioni, siamo molto amici, è una delle persone alle quali sono più legato della mia vita. Quello che mi ha dato è tantissimo. Ci sono tante dinamiche nella mia vita che riesco ad affrontare in una maniera più efficiente grazie anche a dei punti di vista che mi ha insegnato lui.

Il Movimento sta attraversando un periodo travagliato: il ridimensionamento elettorale, lo scontro tra Grillo e Conte, l’assemblea costituente…
Da fuori dico che il Movimento non lo vedo benissimo perché sta diventando una “costolina” del Pd. Spero non sia così, ma penso che abbiano già fatto una road-map che li possa portare insieme al governo. Prima però ci sarà ancora una crescita dell’astensionismo, e questo rende il voto di apparato ancora più importante. Per questa ragione sopravviveranno ancora per un po’ di anni. Dopodiché io non vorrei mai essere un politico, un consigliere regionale, un parlamentare in Italia tra tre o quattro anni. Prima o poi il modello attuale dovrà rispondere alla rabbia dei cittadini. E questo anche perché oggi non c’è qualcosa come il Movimento 5 Stelle a incanalare la rabbia dei cittadini in un progetto lineare, pulito e trasparente. Non c’è. Nel momento che tu diventi una “costolina” del PD non c’è più la valvola di sfogo. E a quel punto la rabbia viene fuori e diventa un problema da gestire.
Io dico che il Movimento 5 Stelle meriterebbe il premio Nobel per la pace per la rabbia che è riuscito a incanalare in quegli anni. Per dieci anni abbiamo preso dentro tutti gli incazzati e li abbiamo messi a sedere a scrivere delle mozioni. Adesso il Movimento sta lì al coperto, non devi inventarti nulla, è comodo e facile.

Di Conte cosa pensa?
Credo sia stato il miglior presidente del consiglio che ho mai visto. Il Conte uno, quando governò con la Lega. E penso sia stato il secondo miglior presidente del consiglio nel Conte due. Poi però… è un po’ lo specchio del Movimento 5 Stelle. Ha subìto quella trasformazione, si è seduto, è cambiato. Nel momento in cui il Movimento 5 Stelle anche in propaganda pecca di omertà e non ha più la bocca libera per poter parlare, non è più il Movimento 5 Stelle. Allora fai un’altra cosa, fai un partito.

Però perché il Movimento 5 Stelle è rimasto attaccato a Conte, dato che da quello che dice lei Conte rappresenta quel tipo di scelta politica?
Perché il quadro non è ancora così chiaro, lo stiamo capendo adesso. Se ci fossero due movimenti, un partito di Conte e il vero Movimento 5 Stelle, sarebbero più o meno alla pari, e quel 10% che valgono se lo dividerebbero a metà. Invece abbiamo un unico partito all’8%. Per questo, magari a malincuore, c’è qualcuno che sta ancora dentro. Diventi un partito, un partitino come l’Udeur che sta lì al 5% per 10 anni. No grazie, non sono nato per quello. Per questo dico che se fosse per me, il Movimento 5 Stelle si dovrebbe sciogliere, liberarsi in aria per poi cadere sotto forma di Pm 2,5 che poi vengono inalate e vediamo cosa succede. Oppure compostabile, che poi dopo ne nasce qualcosa, vedere se le nuove generazioni ne sapranno cogliere il frutto. Se io il Movimento lo lascio morire è utile perché magari arriverà qualcuno a riprenderne i valori. Mentre se lo lo chiudo in un partitino al 6%, una “costolina” del Pd, ho spento la speranza.

E adesso?
Adesso c’è Alessandro Di Battista, a cui sono rimasto molto legato. Alessandro ha fatto questa associazione che si chiama Schierarsi, di cui faccio parte. E mi piace molto perché è un’associazione di ragazzi giovani. Io sono il più vecchio. Quindi è bello vedere di nuovo i ragazzi di 20-23 anni che portano un banchetto per raccogliere le firme per la Palestina, contro l’inceneritore, con delle battaglie che sono battaglie pulite. Vediamo che cosa diventa, magari riusciamo a dargli un’identità politica. Mi piacerebbe che l’80% a candidarsi fosse under 30. Perché i ragazzi chiamano ragazzi, se vuoi parlare coi ragazzi ci devi mettere i ragazzi, parlano la stessa lingua. Ti candidi che hai 28 anni, esci che ne hai 33 e non ti puoi più candidare, hai finito. Poi col 20% premi i migliori uscenti, ci sta, magari ti tornano anche utili.
Una delle critiche che faccio all’attuale Movimento 5 Stelle è che dice che il terzo mandato serve per non perdere le esperienze acquisite. Ma perché la devo perdere? Non le devi per forza giocare in Parlamento, le competenze le puoi usare in un altro modo. Io non sono stato una competenza?! Eppure non mi sono mai candidato. Beppe Grillo non è mai stato una competenza?! Anzi, è proprio nello spirito del Movimento 5 Stelle esserci anche se poi non manda avanti te.

Quella del Movimento 5 Stelle è stata una rivoluzione?
Assolutamente sì, una rivoluzione pacifica. E come tutte le rivoluzioni pacifiche, anche la nostra ha fallito. Però le rivoluzioni hanno cambiato il mondo. Il ‘68 ha fallito come rivoluzione, ma il ‘69 non era come il ‘67, quindi non ha fallito. Io penso, e mi piace pensarlo, che coscienze, pensieri, argomenti adesso ci siano anche grazie a noi, anche se col Movimento si stanno spegnendo.
Per un periodo di tempo abbiamo parlato di ambiente, di economia circolare, di reddito di cittadinanza, e se non ne avessimo parlato noi queste tematiche non sarebbero state nell’agenda. Questi sono argomenti che prima o poi arrivano, noi li abbiamo anticipati. Come il reddito universale: adesso mi dice che sono pazzo, poi fra tre anni mi chiama e mi fa un’altra intervista in cui parliamo del reddito universale.

 

© Riproduzione riservata

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *