“Abbasso la guerra!” e la storia incredibile del violoncellista/partigiano Alessandro Bianconcini

“Abbasso la guerra. Imola 1943-1945” è una mostra realizzata in preparazione dell’80° anniversario della Liberazione del prossimo anno. È allestita al primo piano della Biblioteca comunale di Imola, nella Libreria francescana, con una anteprima all’ingresso della Bim; inaugurata sabato 23 novembre alle 17, la mostra è visitabile (ingresso gratuito) il martedì e giovedì dalle 15.30 alle 18.30 e il sabato dalle 10 alle 12.30; sono previste visite guidate e un calendario di incontri di approfondimento e di riflessione su temi della mostra, della Resistenza e della memoria, e iniziative tra cui anche un trekking urbano su “Le strade della Resistenza” sabato 30 novembre (ore 14.30, ritrovo davanti alla Rocca).

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Ma «Abbasso la guerra!» è anche la frase gridata dalle donne radunate nella piazza di Imola il 29 aprile 1944 per reclamare il pane per le loro famiglie e per chiedere la fine della guerra.
La città vive sotto l’occupazione tedesca dal settembre 1943; è affamata, stremata da anni di restrizioni e terrorizzata dalle rappresaglie e dal rombo degli aerei che sono ogni giorno sempre più vicini. Le difficoltà quotidiane si intrecciano con la resistenza della comunità civile e dei partigiani che lottano per la Liberazione.

Women of the village of Sesto Imolese, Italy, searching amongst rubble for personal belongings – Photograph taken by George Kaye. New Zealand. Alexander Turnbull Library, Wellington, New Zealand.

La guerra, l’occupazione tedesca, la Liberazione sono raccontati dai documenti e dai diari di due giovani imolesi: Elio Gollini, il partigiano Sole, responsabile della gestione e della diffusione della stampa clandestina, e Rosa Maiolani, figlia di Giuseppe vicepresidente del Comitato di liberazione nazionale (Cln), le cui voci narranti accompagnano il percorso di mostra.

Qui raccontiamo la storia incredibile di Alessandro Bianconcini, partigiano e violoncellista imolese a cui è intitolata la 36ᵃ Brigata Garibaldi. Nella speranza che possa essere di esempio ad alcuni. Buona lettura.

di Marco Orazi

Subire la violenza, la limitazione delle proprie libertà, l’emarginazione totale o ribellarsi e di fatto rinunciare alle proprie aspirazioni, ai legami sentimentali, a tutto ciò che di bello può offrirti il mondo intero. Succede così anche oggi in troppi stati dove governano regimi autoritari e dittatoriali. Successe così anche nell’Italia degli anni Venti, e successe, tra i tanti, ad Alessandro Bianconcini, violoncellista imolese che per la sua irriducibilità ideale alla dittatura fascista trovò pubblicato nel 1934 il suo volto nel Bollettino delle ricerche della Prefettura di Bologna.

Decise di espatriare clandestinamente in Francia per continuare l’attività cospirativa e di partecipare in Spagna alla difesa della Repubblica contro il colpo di stato intentato dal generale Francisco Franco.

Combattenti in Spagna – riconoscibili gli imolesi Adelmo Bacchilega, il secondo da sinistra, e Alessandro Bianconcini, primo da sinistra (Spagna, 1937).


Esperienze precarie, rappresentate dalla polvere, dalla fame, dallo straniamento linguistico, dal sentirsi inadeguato e braccato. Poi il carcere, un luogo che divenne abituale tanto da farne una tassonomia: «Come prigione non mi pare male», scrisse alla moglie Adelfa nel 1941 dalle galere di Parigi. E l’ossessione di non lasciare tracce, di non compromettere la vita dei compagni e della moglie, «pulisci tutto dai conigli che sono sporchi», scriverà ancora ad Adelfa, sempre a fianco con una presenza tanto discreta quanto di sostanza.

Un legame indissolubile, quello con la moglie, anche se platonico per l’impossibilità di ricongiungersi: «Da parte mia l’effetto della separazione è stato più netto, ho ancora la visione di quella barca che ti ha nascosta dietro alle rocce; paragonabile alla tela calante sull’ultima scena di una triste ed appassionante tragedia, questa tela che discende lentamente, ma, inesorabilmente lasciandoti solo con la tua tristezza e il cuore gonfio, pieno di amarezza», scriverà ancora Alessandro dal confino di Ventotene nel giugno del 1943 alla «carissima Adelfa».

Poi l’epilogo, viene accusato pretestuosamente di aver contribuito all’uccisione del segretario federale repubblichino di Bologna Eugenio Facchini e fucilato al Poligono di Tiro di Bologna il 27 gennaio 1944. Tutte le energie spese per un mondo migliore, il suo ardore nel mettersi al servizio delle future generazioni rimangono impresse nella facciata strappata di un block notes poche ore prima dell’esecuzione: «Ho sempre agito secondo la mia coscienza e con spirito disinteressato».

I documenti che testimoniano la vita di Alessandro Bianconcini saranno esposti nei locali della Biblioteca Comunale di Imola nella mostra dal titolo “Abbasso la guerra. Imola 1943-1945” aperta al pubblico dal 23 novembre 2024 al 25 aprile 2025, nata in seno all’amministrazione comunale in collaborazione con il Cidra (Centro imolese di documentazione sulla Resistenza antifascista e storia contemporanea) e la Regione Emilia-Romagna, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Imola.

Condivido la curatela della mostra con le archiviste Paola Mita e Simona Dall’Ara che mi hanno fatto dono della loro empatia e professionalità ed hanno creato un clima operoso e disteso che ha contribuito non poco alla scelta dei documenti da esporre e alla stesura dei testi.

È un omaggio alla città di Imola, ai cittadini che in varie forme subirono le conseguenze della guerra e a quelli che, con una scelta intima di disobbedienza, scelsero di contrastarla attivamente.
Una città in sofferenza che deve difendersi dai continui bombardamenti alleati, dalla sopraffazione dell’esercito nazista, dall’acredine e dal senso di vendetta delle brigate nere.
Una comédie humaine abitata da sfollati, profughi, donne coraggiose e amministratori impotenti, adolescenti straniti e travolti da avvenimenti più grandi di loro, da madri coraggiose che manifestano in piazza affinché la guerra finisca. Tutto questo traspare dai documenti, dagli epigrammi taglienti e caustici di Cita Mazzini, dai disegni di Anacleto Margotti, dalle testimonianze tratte dai diari di Elio Gollini e Rosa Maiolani, che accompagnano il visitatore in tutto il percorso espositivo.

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