di Riccardo Olmi
Bologna come Parigi, in un accostamento per nulla originale ma che i bolognesi conoscono bene. “Bologna con i suoi orchestrali”, che spesso sfogliano in un caffè libri letti e riletti cento, mille volte.
In questo numero di Arterie abbiamo incontrato dei viaggiatori particolari, che usano l’immaginazione e la scrittura come strumenti per trasformare, sublimare, evadere, esorcizzare il male di vivere che la società scatena nell’animo di un artista. I Kilim sono una band alternativa bolognese che fa della sperimentazione musicale il suo punto di forza.
Matteo Gharehbaghian e Lorenzo Bini descrivono nei testi delle loro canzoni la profonda malinconia, l’insoddisfazione e la repulsione per ciò che è massificato e per i mali del mondo; uno spleen una volta narrato dai poeti decadenti ma attualizzato nel nostro presente.
Nel 2022 i Kilim si chiudono in studio tra chitarre, bouzouki, bassi a tre corde, drum machines, oggetti in ferro da percuotere e un’edizione stropicciata de “I fiori del male” di Baudelaire. Quando la porta dello studio si riapre, i Kilim hanno per le mani il primo lavoro intitolato “Né iene né veleno”, un album di otto tracce, accompagnato da un omonimo libro, primo esperimento di scrittura collettiva: una raccolta di racconti e poesie.
«La letteratura ci piace molto quindi è stata una scelta naturale – racconta Matteo -. In più c’è da dire che la musica in formato fisico non si vende più, purtroppo, perciò abbiamo pensato fosse una valida alternativa da esporre al banchetto del merch durante i nostri concerti».
La Parigi emiliana
Il punto di ritrovo dei Kilim è il Cabot Cove di Bologna. «È una sala prove storica dove si riunisce la vecchia e la nuova scuola musicale della “Parigi emiliana” – continua Matteo -, un luogo molto stimolante per fare conoscenze e poter esprimere ciò che sotto i portici del Pavaglione deve essere mascherato. I nostri testi di solito nascono seduti al tavolino di un bar, tra una bottiglia di vino e qualche posacenere traboccante. Parliamo molto, indaghiamo i nostri animi inquieti, ci confrontiamo su ciò che abbiamo letto e scritto. L’ispirazione arriva così e ci trasporta verso la creazione di qualcosa di nuovo. Le nostre idee sulla realizzazione di un brano non sono mai troppo definite, il nostro processo artistico continua durante tutta la realizzazione della canzone, dalla scrittura fino alla post produzione. Siamo entrambi fonici quindi abbiamo sempre preferito l’autoproduzione allo studio di registrazione».
“Non mi tornare indietro”
“Non mi tornare indietro” è un brano di “Né iene né veleno”. «Quando i miei amici si sfogano con me raccontando di relazioni complicate o finite male, io scrivo le loro emozioni che diventano il testo di un brano. In questo caso ho utilizzato un loop di basso ossessivo, uscito istintivamente. Anche la batteria l’ho suonata senza essere un batterista. Noi strimpelliamo un po’ di tutto, creiamo atmosfere, non componiamo».
Nel 2024 è uscito “Le parole che non ti ho mai detto”, pubblicato con l’etichetta Grandine Records e composto da cinque tracce oscure ed ossessive su cui si adagia uno storytelling annichilente. Questo Ep narra di un itinerario di perdizione, di un viaggiatore che parte deluso ed arriva alla meta… deluso.
«Nel mondo ci sono tante situazioni che non funzionano – spiega Lorenzo -. Siamo persone oppresse che empatizzano con altri oppressi, recependo un sentire che riguarda la nostra componente umana in questa esistenza. Ci apriamo al mondo cercando di immedesimarci nel prossimo, ma sono le situazioni di disagio che catturano sempre la nostra ispirazione e creatività. Come disse Bruno Lauzi: “Quando sono triste scrivo perché quando sono felice esco”».
Questo progetto è stato portato con successo anche dal vivo suonando in vari contesti con una formazione allargata anche a Michele Manisi (scratch, campionamenti, drum machine).
«Quando suoniamo si crea un’atmosfera particolare. Succede spesso che, fra un brano e l’altro, il pubblico resti in silenzio, quasi nessun applauso, in una sorta di rapimento sconvolto. Secondo me non siamo più abituati ad indagare né a sentire ciò che abbiamo dentro, ma se si ascoltano i nostri testi non si può evitare di fare i conti con la propria realtà».
Proprio questa sera, domenica 15 dicembre, i Kilim si esibiranno a l’Altro Spazio di Bologna (via Nazario Sauro, 24), per la prima volta assieme a Jamil, un musicista che farà le sue incursioni usando dei sintetizzatori. «Per suonare i nostri brani abbiamo suonato di tutto: sbattuto padelle, accarezzato tavolini con anelli nelle mani, sfociamo nel rumorismo e soprattutto giochiamo con effetti di ogni tipo. Pensiamo di aver trovato la giusta formazione per ricreare le nostre atmosfere anche dal vivo».
“Primo stige”, dall’ultimo Ep è composto di suoni particolari ed eterei, molto elettronici, in questo caso siamo entrati in loop con un’ossessione di pedalini, sintetizzatori e soffi dentro l’armonica. La musica dei Kilim non è fatta per ballare, rimane qualcosa di poetico da esperire.
Non dimenticate di ascoltare il nostro podcast realizzato in collaborazione con Emmerreci – Media Radio Castellana (lo trovi QUI). Ci risentiamo in diretta su Emmerreci il mercoledì dalle 20 alle 21 con una nuova band.