Il diritto al cibo (ius cibi) è entrato nello statuto della Città metropolitana di Bologna

La Città metropolitana di Bologna «riconosce il diritto al cibo (ius cibi) ovvero, con riferimento alla persona, l’accesso a un’alimentazione quantitativamente e qualitativamente adeguata, sicura e culturalmente appropriata, permanente e senza restrizioni, sia direttamente che tramite mezzi economici, indipendentemente dallo stato socio-economico o dall’origine etnica e seguendo criteri di equità economica e sostenibilità ambientale. Il principio dello ius cibi è adottato come mezzo per riconoscere la cittadinanza alimentare ai fini della concreta attuazione dei principi costituzionali collegati all’alimentazione della comunità che, oltre a soddisfare un bisogno primario e fondamentale, ha importanti ricadute sulla salute, l’ambiente, l’economia e la società. Sarà impegno di Città metropolitana farsi promotrice di tale diritto verso tutti i Comuni».

La Città metropolitana nei giorni scorsi ha inserito nel suo statuto il Diritto al cibo.

Questo significa che nessuno soffrirà più per la mancanza di cibo o per gli effetti di un’alimentazione non adeguata? No, questo no. Però avere inserito il diritto al cibo nel proprio documento fondamentale e fondativo, tra i principi generali che di quel documento sono l’ossatura, porterà l’ente a sostenere e promuovere tutte le azioni che potranno garantire «l’accesso a un’alimentazione quantitativamente e qualitativamente adeguata». E in una realtà opulenta e ricca di iniziative benefiche e assistenziali, di enti del terzo settore e associazionistiche, come quella della provincia bolognese, non dovrebbe essere impossibile.

Come il diritto al cibo è arrivato nello statuto

Il riconoscimento del diritto nello statuto è l’esito di un lungo percorso.

Nel luglio 2023 il sindaco metropolitano e la giunta del Comune di Bologna hanno approvato il documento di orientamento per la Politica alimentare urbana e metropolitana (Paum). È nato il Tavolo per la democrazia alimentare, un luogo dove co-progettare le politiche alimentari a cui hanno aderito varie realtà. E proprio insieme al Tavolo, grazie alla supervisione di Andrea Segrè, consigliere speciale del sindaco per le politiche alimentari urbane e metropolitane, si è lavorato per arrivare alla formulazione del testo per il diritto al cibo.
L’aggiornamento dello statuto è anche strettamente collegato al progetto “Un piatto per tutti”, nato nel 2021 per rafforzare le Reti territoriali di contrasto alla povertà, cioè le reti composte dai soggetti che si dedicano alla distribuzione di beni di prima necessità in tutta l’area metropolitana. Insomma, c’è tutto un sistema di realtà coinvolte e di pratiche e progetti già attivi che fanno del diritto al cibo un elemento concreto, non solo una bella intenzione.

Il diritto al cibo nel contesto internazionale e italiano

Il diritto al cibo è stato sancito per la prima volta nel 1948 all’interno dell’Articolo 25 della Dichiarazione universale dei diritti umani. Nel 1966 la Convenzione (o Patto) internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (Icescr), entrata in vigore nel 1976, riconosce il diritto di ognuno ad uno stile di vita adeguato che includa un adeguato accesso al cibo e il diritto fondamentale ad essere libero dalla fame. Ad oggi, 169 Paesi hanno ratificato la Convenzione, impegnandosi a intraprendere percorsi che ne facilitino l’attuazione e assicurino la tutela dei diritti per ogni individuo.

Il diritto al cibo sottintende una serie di altri concetti giuridici importanti: la sovranità alimentare e la sicurezza alimentare.

La sovranità alimentare è intesa come il diritto dei popoli a definire i propri sistemi agricoli e il proprio cibo secondo metodi sostenibili e culturalmente appropriati. La sicurezza alimentare esiste quando tutti gli individui, in ogni momento, hanno accesso sia fisico che economico ad una quantità sufficiente di cibo sicuro e nutriente, in modo da incontrare le loro necessità e preferenze alimentari per una vita sana e attiva.

Sebbene il diritto al cibo sia stato formulato in primis a livello di diritto internazionale, ogni Stato ha un margine di discrezione per implementarlo. Nel caso italiano, la Costituzione non protegge il diritto al cibo in modo esplicito ma lo fa indirettamente mediante l’adesione dell’Italia ai trattati Internazionali che lo garantiscono.

Mancando, tuttavia, una tutela esplicita del diritto al cibo, il ruolo e la responsabilità dei governi e delle autorità locali diventano rilevanti nella promozione e creazione di sistemi alimentari equi e sostenibili che interessino sia il contesto rurale che quello urbano.

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