Si è concluso il periodo per presentare le osservazioni al progetto della nuova linea ferroviaria tra Bologna e Castel Bolognese. È dunque terminata la fase del Dibattito pubblico dedicata a coinvolgere i territori interessati, raccogliendo valutazioni e proposte sia da parte degli enti pubblici, sia delle imprese e dei privati cittadini.
Questo non significa che le decisioni sono prese e d’ora in poi non si potrà più cambiare nulla, tutt’altro. Il percorso che porterà, se porterà, all’avvio dei lavori di realizzazione della nuova infrastruttura, al momento previsto nel 2026, è infatti ancora lungo e pieno di passaggi tecnici e autorizzativi. E tutte le ipotesi di tracciato presentate finora restano appunto ipotesi, così come le soluzioni che sembrano state accantonate potrebbero tornare sul tavolo.
In questi mesi, da quando, nel maggio scorso, il progetto irruppe nel dibattito pubblico, di cose ne sono successe parecchie (QUI potete trovare alcuni dei passaggi essenziali). Nei territori dei comuni che verrebbero attraversati dai binari destinati all’Alta velocità e al trasporto merci ad Alta capacità sono nati dei comitati di cittadini e le stesse amministrazioni comunali, non sempre in maniera omogena, hanno affinato e modificato la propria posizione nei confronti dell’opera.
Come era prevedibile, il progetto di quadruplicamento della ferrovia nella tratta Bologna-Castel Bolognese (QUI abbiamo spiegato perché si chiama così) ha creato forte preoccupazione sia tra i cittadini, che rischiano di vedere requisiti i propri terreni e demolite le proprie case, sia, vista la portata dell’impatto che il passaggio della nuova linea avrà sui territori, da parte delle amministrazioni locali.
Al momento della chiusura del Dibattito pubblico i tracciati ritenuti «percorribili» da Rfi sono quelli nella mappa che vedete sotto, con la linea che, superato Castel San Pietro, sale a nord dell’autostrada e della zona industriale di Imola, per poi incontrare la diramazione a Solarolo, il territorio in cui l’impatto sarebbe più forte, con nuove imponenti costruzioni da realizzare.
La posizione “definitiva” del Circondario imolese
Nella bozza di un’ultima osservazione presentata sul filo di lana, il Circondario Imolese si concentra sulla richiesta di evitare la costruzione di un viadotto sopraelevato.
Dopo avere rilevato «aspetti di incoerenza» tra la pianificazione generale e i tracciati ipotizzati, nonché l’assenza di «un quadro strategico e progettuale più ampio», il Circondario chiede di «approfondire in modo mirato la soluzione in galleria per l’attraversamento di Imola in modo da ridurre al minimo l’impatto della nuova infrastruttura sull’abitato, anche sul piano acustico». Il tunnel che scende sottoterra a Toscanella e risale verso Castel Bolognese sarebbe dunque per le amministrazioni dell’imolese la soluzione ottimale.
«L’approfondimento sulla soluzione in tratti tramite galleria, merita poi di
essere ispezionata anche per gli altri ambiti urbanizzati del territorio
coinvolti dal tracciato».
Come scrive l’ente: «Non possiamo accontentarci di una bocciatura di questa soluzione sulla base delle “criticità” evidenziate in un’ipotesi di massima con interramento a -35m e rampe di 900 metri “in trincea” con una pendenza massima del 12 per mille, motivata genericamente dalle caratteristiche della linea AV/AC (Alta velocità/Alta capacità, ndr.).. Inoltre, come esplicitamente dichiarato dai tecnici Rfi nell’incontro del tavolo interistituzionale, realizzare una galleria in un ambito privo di edifici consentirebbe di ridurre le profondità della galleria portando la sommità della stessa ad una altezza tra i 7 e i 20m. Riducendo al massimo la profondità di interramento e la lunghezza del passante in galleria e delle rampe pensiamo sarebbe possibile valutare anche l’affiancamento alla linea storica».
Tuttavia…
Tuttavia, si legge ancora di seguito nell’osservazione del Circondario Imolese, «per il territorio di Imola ribadiamo essere prioritario individuare un tracciato interrato a nord della ferrovia che attraversi una fascia della zona industriale non interessata da insediamenti, in modo da consentire la realizzazione dell’opera con le minori interferenze possibili con il territorio urbanizzato».
Se sono riportati gli argomenti tecnici e di impatto urbanistico e paesaggistico a sostegno della valutazione dell’ipotesi in galleria (il piano A), c’è dunque anche una seconda ipotesi (un piano B), forse più realistica e realizzabile, che è far passare la ferrovia più a nord senza costruire la nuova linea in sopraelevata, bensì immergerla in un tracciato interrato. Non un viadotto, dunque, ma passando al di sotto del livello stradale. In questo modo verrebbero salvaguardate le aziende che confinano con l’autostrada, tra cui la Cefla, e si limiterebbe l’impatto visivo complessivo.
Le osservazioni dei comitati
Lunedì 27 gennaio al centro sociale La Stalla di Imola si sono dati appuntamento quattro comitati nati a San Lazzaro, Castel San Pietro, Imola e Solarolo, riuniti in un coordinamento unitario. L’iniziativa era stata organizzata per presentare le ultime osservazioni, sette in totale, che i comitati hanno sollevato nei confronti del progetto di quadruplicamento della tratta ferroviaria. La sala era piena e all’incontro condotto dal rappresentante del comitato imolese Armando Martignani hanno partecipato più di 200 persone.
Dopo che a ottobre è stata pubblicata una nuova «mappa dei corridoi» che ha introdotto tre tracciati ferroviari diversi da quelli considerati fino a quel momento, modificando così in maniera sostanziale il progetto originario, i comitati sostengono che si sarebbe dovuto aggiornare la documentazione e fare altri incontri pubblici per illustrare la nuova proposta e raccogliere nuove osservazioni. Non è stato fatto e questo costituirebbe «un vizio procedurale tale da invalidare l’esito stesso del dibattito». Occorre quindi azzerare tutto.
Un’altra delle osservazioni sottolinea la carenza di analisi dal punto di vista ambientale e paesaggistico, un peccato mortale per «un’opera si propone inevitabilmente come una delle opere con il più alto impatto ambientale, paesistico, architettonico e urbanistico della storia dei territori attraversati».
Il nodo ferroviario di Bologna, ragionano poi i comitati, è già oggi congestionato. Prevedere la diramazione dalla linea storica al Bivio San Vitale non farebbe altro che aumentare l’effetto collo di bottiglia. Allo stesso modo, tutte le soluzioni progettuali avanzate da Rfi terminano con raccordi alla linea Castel Bolognese-Ravenna e con la linea Bologna-Rimini all’altezza di Castel Bolognese. Altro collo di bottiglia.
La proposta alternativa
I comitati avanzano quindi una proposta alternativa: tagliare fuori dalle tratte Bologna-Rimini e Castel Bolognese-Ravenna il traffico merci della direttrice adriatica, collegandola direttamente con il porto di Ravenna. Da Ravenna le merci proseguirebbero «in direzione Ferrara per connettersi al polo logistico di Bologna ad Altedo, circa 30 chilometri a nord del Bivio San Vitale, dove l’attuale progetto di quadruplicamento prevede di far confluire tutto il traffico merci».
«In quest’ottica, non vi sarebbe alcun senso nel convogliare tutto il traffico merci proveniente da sud sul nodo di Bologna, già congestionato sia su ferro che su gomma», mentre «l’entroterra romagnolo rimarrebbe comunque connesso a questa direttrice, lungo la linea ferroviaria Ravenna-Faenza». «Il potenziamento delle linee storiche esistenti, sgravate dal traffico merci, sarebbe così sufficiente a migliorare sensibilmente anche il trasporto passeggeri sulla linea Bologna-Rimini e Castel Bolognese-Ravenna».
Le merci viaggerebbero tra Ravenna, Ferrara e Bologna-Altedo, con la connessione Ravenna-Faenza via Granarolo, mentre la linea esistente potrebbe essere adeguata per il trasporto dei passeggeri.
Il piano A e il piano B
Come per il Circondario Imolese, anche per i comitati accanto a un piano A c’è però anche un piano B.
«IN ULTIMA ANALISI – si legge testualmente nel documento, stampato maiuscolo compreso – qualora la soluzione rimanga quella di continuare con il quadruplicamento, l’unica soluzione resta quella del passaggio in tunnel sotterraneo». «Unica soluzione per superare Toscanella, Imola e Solarolo senza danni economici e ambientali».
Un piano A, dunque, più massimalista, come si sarebbe detto qualche anno fa. E una piano B presentato come soluzione accettabile «in ultima analisi». E sta’ a vedere che il piano B in realtà è il piano A.