
Entro il 28 aprile Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) dovrà sciogliere i nodi, spiegare se intende procedere nella realizzazione della nuova linea destinata all’alta velocità e al trasporto delle merci e, se così fosse, se intende apportare delle modifiche al progetto come lo abbiamo conosciuto in questi mesi. Chiarendo, con il Pfte, il Progetto di fattibilità tecnico-economica, ed è il punto nevralgico, in quale corridoio far transitare la nuova linea.
La relazione conclusiva di Pillon
Il 28 febbraio scorso il responsabile del Dibattito pubblico, Andrea Pillon, ha presentato la sua relazione conclusiva, dove ripercorre quanto accaduto, mette in fila pregi e criticità delle differenti ipotesi progettuali, raccoglie le 42 osservazioni inviate da enti, associazioni e comitati e le quasi 200 pagine di contributi arrivati da parte dei cittadini.
Il primo incontro pubblico di inquadramento, dedicato alle ragioni dell’opera e agli aspetti trasportistici, risale al 16 maggio 2024. Della nuova tratta ferroviaria che se realizzata sarà il primo tassello della linea di potenziamento della Direttrice Adriatica (Bologna – Lecce), una delle opere individuate dall’Unione Europea come necessarie per la realizzazione del corridoio su rotaia Scandinavia – Mediterraneo, non si sapeva ancora nulla. Nelle settimane e nei mesi successivi i territori hanno preso coscienza dell’impatto dell’opera un po’ alla volta, mano a mano che il progetto approdava nei consigli comunali e nascevano i comitati dei cittadini.
La conclusione del Dibattito pubblico era prevista inizialmente per il 7 luglio. Ma proprio per far conoscere il progetto e concedere il tempo necessario a raccogliere le osservazioni, si è arrivati ad una prima proroga al 9 agosto e poi a una seconda al 4 novembre 2024. Gli eventi alluvionali che hanno colpito i territori interessati dalla realizzazione dell’opera hanno infine portato, su richiesta delle amministrazioni locali, a spostare il termine per la raccolta delle osservazioni al 28 gennaio scorso.
In quale corridoio passare?
Nel frattempo l’ipotesi di affiancamento alla linea esistente è stata accantonata. Soprattutto a Imola avrebbe avuto un impatto devastante con decine di abitazioni da demolire, oltre a comportare diverse interruzioni al traffico ferroviario durante gli interventi di costruzione. Nel corso del dibattito pubblico sono così emersi e sono stati discussi tre possibili corridoi infrastrutturali: in affiancamento all’autostrada A14, a sud e a nord dell’autostrada.
Il passaggio di una nuova linea ferroviaria significa terreni da espropriare, case e aziende da abbattere, ponti e strade da costruire, paesaggi che cambieranno in maniera radicale. Come avverrà nelle campagne tra San Lazzaro e Castel Bolognese nel caso in cui si scelga di passare distanti dalla linea ferroviaria esistente. E come accadrebbe a Solarolo, il comune che sarà il più colpito dell’intervento se si opterà per le soluzioni discusse finora, dato che proprio su quel territorio sono previsti gli alti viadotti necessari per le connessioni e i raccordi con la linea storica Bologna-Rimini e la diramazione di Ravenna.
Il Tavolo interistituzionale
Un po’ prese alla sprovvista, un po’ sollecitate dalla protesta che stava montando, le amministrazioni comunali hanno chiesto l’attivazione di un Tavolo interistituzionale, costituito a fine luglio scorso e a cui partecipano l’assessorato regionale alla Mobilità, Trasporti e Infrastrutture, la Città Metropolitana di Bologna, la Provincia di Ravenna, il Nuovo Circondario imolese e gli 11 Comuni interessati dal progetto.
Oltre all’impatto ambientale, paesaggistico e sulle singole comunità locali, al Tavolo sono emersi diversi dubbi di natura tecnica. Ci si è interrogati sulla capacità del nodo ferroviario di Bologna, già oggi messo a dura prova, di poter reggere i diversi servizi ferroviari (metropolitano, regionali, lunga percorrenza, alta velocità). Perplessità sono state sollevate sul fatto che poco o nulla si sappia del complessivo sviluppo della nuova linea ad alta velocità e ad alta capacità per le merci, di cui il tratto tra Bologna e Castel Bolognese costituisce solo la prima tratta (la prosecuzione verso Rimini, i collegamenti tra Castel Bolognese e Ravenna, l’interconnessione con il porto di Ravenna, le relazioni con lo scalo merci di Faenza). E, ancora, la nuova linea sarà adeguata all’aumento del trasporto merci nazionale e internazionale e sarà in grado di garantire la velocità massima necessaria a rendere efficace il trasporto?
Il Coordinamento dei comitati
In questi mesi sono nate anche molteplici iniziative “dal basso”. Associazioni, cittadini e anche gruppi di aziende a rischio espropri hanno cercato di far sentire la propria voce. Nei territori sono stati costituiti dei comitati, in buona parte confluiti in un Coordinamento a cui oggi partecipano il comitato NoViadotto di Imola, il gruppo cittadino di Castel San Pietro Terme, il comitato Alta velocità di Ozzano Emilia, il comitato Alta velocità-Fonti di Colunga di San Lazzaro e il comitato Alta velocità di Solarolo.
Comitati che hanno organizzato incontri pubblici sia separatamente, per far conoscere cosa si devono attendere i singoli territori, sia, appunto , in coordinamento, per opporsi «all’attuale progetto di quadruplicamento della linea ferroviaria Bologna-Castel Bolognese, nelle ipotesi fino ad ora proposte che stravolgerebbero l’intero territorio Regionale», come si legge nelle convocazione di un nuovo incontro in programma a Imola mercoledì 23 aprile, alle ore 20 al centro sociale La Stalla, in via Serraglio 20/b.
In quell’occasione i comitati si confronteranno con il mondo agricolo in attesa della relazione finale di Rfi. Parteciperanno all’incontro: Cia, Coldiretti, Confagricoltura e Cisl – Terra viva, associazioni degli agricoltori che hanno chiesto e ottenuto fin dal giugno scorso uno specifico tavolo di lavoro. In ragione dell’impatto che, ovunque si decida di passare con i binari, comunque il quadruplicamento avrà su terreni e imprese agricole.