Ci vogliono muscoli, testa e cuore – La Cento nel racconto (di alcuni) dei suoi personaggi storici

di Milena Monti

I cento chilometri del Passatore non sono solo una distanza. La Cento, con l’articolo, oltre ad essere una delle ultramaratone più antiche e importanti, è considerata la 100 km più bella del mondo per diversi motivi.
In primis per via del suo percorso impegnativo da Firenze a Faenza attraverso l’Appennino tosco-romagnolo, con salite e discese notevoli e bellissimi paesaggi. In secondo luogo parte della gara si svolge in notturna, il che la rende una sfida doppiamente difficile; infatti, dopo il via da piazza del Duomo alle 15 del sabato, si ha a disposizione un massimo di 20 ore per completare il percorso entro le 11 della domenica. (Scopri QUI il programma della Cento)

Ma il fascino di questa corsa sta anche nella sua lunga storia, nata nel 1973 e quest’anno alla cinquantesima edizione, e nel legame con la Storia e il folclore tra la Romagna e la cosiddetta Romagna fiorentina: il bandito Stefano Pelloni detto il Passatore, da cui prende il nome la gara, il viaggio e i versi di Dante Alighieri, il dialogo tra le signorie dei Medici (Firenze) e dei Manfredi (Faenza), la Linea Gotica, la Resistenza e la Liberazione.

A queste storie si aggiungono anche quelle dei sei comuni (in ordine Firenze, Fiesole, Borgo San Lorenzo, Marradi, Brisighella, Faenza) che il percorso attraversa a cavallo fra due regioni, storie di fascino, di sfida, di festa e di solidarietà nei confronti dei partecipanti (QUI scopri come si organizza la Cento, i volontari, i servizi, i ristori, ecc…). Da queste storie piccole ma indelebili nascono alcuni dei personaggi più significativi della storia della Cento chilometri del Passatore.

Ci vogliono muscoli, testa e cuore

Claudio Guidotti aveva 17 anni quando nel 1973, nella sua Borgo San Lorenzo, ha conosciuto la gara che ad oggi, 70 anni compiuti, si appresta fare per la trentanovesima volta.
«Ero in piazza all’allora bar Sport con gli amici quando verso mezzanotte si iniziano a vedere delle strane figure spuntare da via Malacoda: erano atleti impegnati in una corsa di cento chilometri fino a Faenza, ci dissero, per noi erano dei grulli, come si dice in Toscana. Per scherzo, io e i miei amici, ci siamo detti: l’anno prossimo la si fa anche noi! Alcuni in effetti se ne ricordarono e nel 1974 si iscrissero, io li accompagnai e aspettai a casa perché in effetti si fermarono a Borgo San Lorenzo. Lo stesso anno ho iniziato a correre per allenarmi per la mia prima Cento chilometri del Passatore e da allora non ho mai smesso. Sono 51 anni che corro, ho superato i 150mila chilometri negli anni. Nel 1974 ho fatto la mia prima Maratona del Mugello, la più antica d’Italia, e nel 1975 il mio primo Passatore solo fino a Marradi, che sono 67 chilometri, ma quello è il diploma di cui sono più orgoglioso, ancora appeso al muro di casa anche se non ho finito la gara. Nel 1980 sono arrivato fino a Faenza per la prima volta, tra lacrime e dolore. Il Passatore è una gara che per farla servono testa e muscoli, non solo muscoli; di notte, da soli, è importante mantenere la presenza salda. E poi serve cuore. Oggi, nonostante gli anni, non ho abbandonato la passione per la corsa e per il Passatore. È una gara speciale per me e finché c’è salute c’è Passatore. Quest’anno punto al mio settimo riconoscimento “Io c’ero”, che danno ogni cinque arrivi a Faenza».

Claudio Guidotti nel 1974, anno della sua prima Cento chilometri del Passatore
Guidotti all’arrivo a Faenza nel 2024 per la sua 39esima partecipazione al Passatore. Sotto: Il diploma che Guidotti conquistò nel 1975 per il suo primo Passatore. Si fermò a Marradi, dopo 67 chilometri. Eppure, racconta, «quello è il diploma di cui sono più orgoglioso, ancora appeso al muro di casa anche se non ho finito la gara».

Quattromilaottocento chilometri tra Firenze e Faenza

Marco Gelli, fiorentino, è mancato solo alla prima edizione della Cento chilometri del Passatore del 1973. Le altre 48 le ha corse tutte, 49 con quella che si appresta a correre quest’anno all’età di 73 anni. Con lui, una bandiera diventata nel tempo iconica con su scritto l’anno di ogni partecipazione (bandiera che, a dire il vero, è alla seconda edizione perché la prima non è sopravvissuta al logorio del tempo).
«Ho letto della Cento chilometri del Passatore solo l’anno successivo alla prima edizione, altrimenti le avrei corse tutte visto che già avevo la passione per la corsa. Dal 1974 sono sempre arrivato a Faenza. La bandiera è nata come una scommessa ed è diventata un simbolo per me, per La Cento e per tante persone che ho conosciuto per strada negli anni e che di anno in anno ritrovo. Amo il Passatore non solo perché amo la corsa ma perché è una gara speciale e succedono cose speciali, come sono speciali le persone che si incontrano. Un anno ero a 5-6 chilometri dall’arrivo quando ho superato uno che si voleva ritirare, ma vedendomi passare con la bandiera alta si è preso di forza e mi ha seguito; ci siamo visti in piazza a Faenza ed è stata una festa. Anche nei paesi che si attraversano, fra gli spettatori, si trovano persone belle: come alla Casa del Prosciutto sopra Fiesole dove da sempre mi fermo per un panino e il primo anno feci una scommessa col gestore che avrei pagato l’anno successivo se arrivavo in ritardo rispetto al mio tempo, ma non ho mai pagato ed è sempre bello ritrovarsi. Il mio obiettivo è finire La Cento di quest’anno e arrivare alla mia cinquantesima edizione, poi vediamo. Il Passatore ha un fascino indescrivibile, va fatta!».

La bandiera che accompagna Gelli, con su scritto l’anno di ogni partecipazione al Passatore. Quest’anno saranno 49.

Ma come si affronta la Cento chilometri del Passatore?

Fulvio Massini, fiorentino, è un preparatore atletico dal 1976, allenatore di corridori di spicco nazionale. Ha iniziato la sua lunga attività proprio con il Passatore e nel tempo conta di avere preparato più di cinquecento atleti per la Firenze-Faenza.
«La Cento chilometri del Passatore è più un viaggio che una corsa, un’avventura tra il giorno e la notte. L’obiettivo principale deve essere quello di non fare fatica, per esempio tenendo un ritmo respiratorio che permetta di parlare tranquillamente durante tutta la corsa. Inoltre è importante prepararsi per i dislivelli, per la notte come per il giorno, e anche allenare la forza per avere muscoli capaci di sopportare l’impatto con il terreno duro per lungo tempo. Una buona preparazione è fondamentale e non la si improvvisa, ci vuole un anno di lavoro per poter affrontare correttamente questa gara particolare. Io mi sono preparato per il Passatore negli ultimi due anni e quest’anno affronterò La Cento per la prima volta all’età di 71 anni».

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