Cosa ci può insegnare la TeaPak in fatto di sostenibilità sociale

Se ci si vuole fare un’idea di un’azienda che lavora per promuovere un’economia più sostenibile, il consiglio è entrare alla TeaPak di Imola, nella colorata sede di via Bicocca, sedersi tra profumi inebrianti e fare due chiacchiere con la Senior Manager People&Culture dell’azienda, Manuela Trocchi.

A noi interessa in particolare un concetto del Global Compact, questo: “Direttamente o indirettamente, le aziende influenzano ciò che accade ai dipendenti, ai lavoratori della catena del valore, ai clienti e alle comunità locali, ed è importante gestire gli impatti in modo proattivo”. Quindi delle tre dimensioni dello sviluppo sostenibile così come definite nellAgenda 2030 dell’Onu (economia, società, ambiente) con lei parliamo di inclusione sociale.

L’azienda

La TeaPak confeziona tè e tisane. Ma la sua filosofia è: “Fare del bene, fa bene e ci fa stare bene”

Nasce nel 1991 a Imola come azienda famigliare di confezionamento per conto terzi. Il fondatore, che oggi è l’amministratore delegato si chiama Andrea Costa, proprio come l’apostolo del socialismo. 

Dal 1999 l’imolese TeaPak è parte del gruppo Yogi Tea (“28 tazze bevute ogni secondo in Europa”). Miscela e imbusta le tisane biologiche destinate a tutto il mercato europeo. Come tengono a precisare, si tratta di una partnership di valori, oltre che di mercato. 

La vision dell’azienda è “Uplift Humanity by serving Body, Mind and Spirit while healing our Planet” (eleva l’umanità servendo corpo, mente e spirito mentre si dà respiro al nostro pianeta). E se ci fossero ancora dubbi sulla condivisione di valori basta dare uno sguardo alle confezioni di tè e tisane, dove il codice a barre è una posizione yoga.

Del luglio del 2021 è la trasformazione in Società benefit. Mentre nell’ottobre 2022 la TeaPak è diventata azienda certificata B Corp con un punteggio di 108.5 (score minimo: 80 su 200). 

Alla TeaPak lavorano 102 persone. Un terzo ha meno di 35 anni. Più della metà sono donne. Così come è donna la maggioranza del management (gender equality). In organico sono rappresentate 13 diverse nazionalità, come le bandiere che sventolano all’ingresso dell’azienda. Sei sono invece le religioni (diversity inclusion).

«Nativa sostenibile»

Nel percorso che una parte del mondo produttivo sta imboccando, non senza difficoltà, verso la sostenibilità, il vantaggio della TeaPak è di essere «nativa sostenibile». Nasce cioè con gli stessi principi e sugli stessi valori che negli ultimi anni si sono legati a certificazioni importanti ed esigenti, che oggi sfidano e impegnano l’azienda a fare sempre meglio.

Ma perché la responsabile People & Culture dell’azienda, la definisce nativa sostenibile? «Nel senso che l’attenzione, il supporto e la valorizzazione delle persone, la solidarietà e quindi l’attenzione alla comunità e alle fasce più deboli sono principi su cui Costa (l’amministratore delegato, non il primo deputato socialista; ndr.) ha fin dal principio sviluppato il business e le strategie di gestione aziendale». Valori che c’erano già nel 1991, alla nascita, e che negli ultimi tempi hanno solamente trovato una declinazione formale e certificata nei principi della sostenibilità Esg  (ambientale, sociale, di governance).

Primo: il sistema di welfare. 

Per tre anni consecutivi l’azienda ha vinto il premio per il Welfare Index Pmi, l’indice che misura il livello di welfare aziendale delle piccole e medie imprese italiane. 

Ogni dipendente può spendere il proprio importo destinato a servizi welfare in una piattaforma molto articolata: rimborso delle spese mediche, rette scolastiche, campi estivi, pacchetti benessere, voucher, più una serie di servizi work life balance. C’è la possibilità di recapito pacchi in azienda e una convenzione con una autofficina/carrozzeria/lavaggio consente di lasciare l’auto nel parcheggio aziendale e trovarla aggiustata/pulita (servizio a carico del dipendente). 

Ma welfare, sottolineano in azienda, è anche un ambiente pulito, luminoso, sicuro, dove parlare di diversità e di inclusione.

Secondo: dare la possibilità alle persone di esprimere la propria opinione.

Alla TeaPak esiste un sistema di segnalazioni per cui i lavoratori sono posti nelle condizioni di dare suggerimenti su tutte le aree aziendali, sui processi produttivi, in merito alla sicurezza sul lavoro. Questo sia attraverso un software interno, sia utilizzando un iPad posizionato nella hall dello stabilimento. Ogni segnalazione ricevuta viene registrata e in ogni caso riceve un feedback. 

D’altronde, chi meglio delle persone che tutti i giorni vivono i processi, le procedure, gli ambienti di lavoro, può dare consigli su come migliorarli?

Terzo: i gruppi di lavoro partecipativi. 

In azienda sono attivi un Global Sustainability Team e un Green Team, gruppi trasversali con l’obiettivo di discutere in maniera approfondita i temi della sostenibilità e dell’impatto ambientale. Valutano, segnalano, organizzano e promuovono eventi aziendali a tema green. 

C’è un Employee Collaboration Team, in cui dipendenti che non occupano ruoli manageriali sono chiamati a produrre, oltre al tè, idee, suggerimenti, punti di vista originali su temi aziendali che vanno dal benessere all’inclusione. 

Uno dei frutti di questo brainstorming di partecipazione attiva, inclusione e diversità è una piccola pubblicazione (puoi scaricarla qui) di frasi tipiche, tradizioni, festività, ricette delle tante nazionalità e delle diverse religioni dei “Tea Pakies”.

Quarto: la socialità. 

Ogni anno da tre anni in TeaPak si sceglie un tema e attorno a quel tema viene costruita l’attività annuale di team building e di solidarietà. Un primo progetto è stato fatto su salute e benessere, con corsi di training posturale per tutti i reparti. Lo scorso anno ci si è concentrati su arte e cultura, con il “Concerto baratto” al Teatro Osservanza, i laboratori per bambini e adulti, un trekking sulle colline per stimolare la cura della salute e il rispetto dell’ambiente. Il 2024 sarà l’anno dello spirito: spirito di squadra, grazie a una collaborazione con l’Imola rugby, poi meditazione e yoga. 

Quinto: la solidarietà.

Grazie all’attività dei ”Doing Good Ambassador”, figure interne che volontariamente promuovono azioni solidali, sono state attivate delle collaborazioni con diverse associazioni: l’Istituto oncologico romagnolo, l’Associazione No sprechi, la raccolta viveri in occasione della colletta del Banco alimentare, la partecipazione alla Race for the cure che a settembre arriverà di corsa a Bologna, e a cui i dipendenti di TeaPak andranno con il pullman aziendale. Due volte all’anno vengono organizzate internamente raccolte solidali di indumenti e prodotti alimentari. 

Ad ogni dipendente l’azienda offre inoltre una giornata “Doing Good”, una giornata di lavoro pagata da dedicare ad attività di volontariato. Da queste giornate spesso nascono collaborazioni che continuano anche fuori dall’orario di lavoro.

Sesto: la psicoterapeuta e la verdura a km zero. 

È il terzo anno che all’interno dell’azienda in una stanza dedicata è presente uno sportello di ascolto con una psicoterapeuta. Il contatto lo tiene direttamente il lavoratore, ma l’azienda paga fino a quattro colloqui di un’ora. Il primo anno, in pieno periodo covid, le persone erano sotto pressione e l’azienda ha dovuto aggiungere delle ore a quelle programmate. Passata l’epidemia servizio aveva preso piede, è utilizzato e di conseguenza è stato confermato. 

Per mettere d’accordo mente e corpo, come la filosofia aziendale suggerisce, quando arriva la primavera un’azienda agricola locale per due giorni settimana fa trovare all’uscita un piccolo punto vendita con frutta e verdura di stagione a chilometro zero.

Non so a voi, ma a me a questo punto la domanda viene spontanea: Bene, bravi! Ma quanto costa tutto questo? Quale azienda piccola o media se lo può permettere?

Ma quanto costa?!

Domanda lecita, a maggior ragione perché la TeaPak non è un’azienda di cinquemila persone ma di un centinaio, non esiste un ufficio sostenibilità in cui lavorano cinque o sei persone per otto ore al giorno, insomma, non c’è uno staff dedicato a coltivare e far crescere la sostenibilità sociale.

Il segreto, o, se vogliamo, la soluzione sostenibile (in questo caso nel senso che ha un basso impatto sul conto spese) ci spiegano che è «credere in quei valori, lavorarci day by day, al punto di averli integrati nella cultura e nella strategia aziendale. Fanno parte del nostro lavoro. Non è un “oddio dobbiamo fare la relazione di impatto!”. Questo da noi non esiste: sappiamo che sono cose importanti, dei valori fondamentali, e quindi nella mia attività di gestione dell’ufficio personale dentro ci sono anche azioni di sostenibilità sociale, non è un carico di lavoro in più, è già dentro. Chi si occupa di qualità e produzione fa la sua parte. Chi si occupa di gestione dei rifiuti, chi di sicurezza sul lavoro, chi di packaging material, ciascuno fa la propria parte. Tutti sappiamo che dobbiamo lavorare su questi aspetti, che dobbiamo arrivare a degli obiettivi comuni, e per quegli obiettivi si collabora».

In conclusione, cosa abbiamo imparato: che l’azienda la fanno le persone, quindi se l’azienda vuole stare bene devono stare bene le persone. Se le persone vanno in azienda col sorriso sono meglio disposte e motivate e l’ambiente lavorativo è di collaborazione. Se sono basati sulla collaborazione, nei flussi di lavoro c’è meno conflitto. E se c’è poco conflitto le performance di lavoro sono migliori. 

Si tratta dunque di attivare questo circolo virtuoso e di tenerlo in bolla. Day by day.

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